mercoledì 27 gennaio 2016

Il Giorno della Memoria e un libro da leggere

Mario Biani per il Manifesto del 27/01/2016

Non ho mai amato il Giorno della Memoria. Da quando a scuola, a partire dal 2005, onoravamo il minuto di silenzio, ai giorni nostri, in cui la maggior parte delle genti si riempie la bocca di frasi omologate e banali, per poi tornare il resto dell'anno a perpetrare orrori quotidiani. Mi è sempre sembrato un giorno dell'ipocrisia, piuttosto, vedendo il mondo ancora pieno di genocidi non riconosciuti, di segregazione, di odio nei confronti del diverso, di rabbia cieca e desiderio di sterminio, di popoli resi disumani, di stragi dimenticate. La Shoah, ovviamente, mi ha sempre fatto paura. Tanta paura. Se messa di fronte alla scelta di vedere L'Esorcista o un film su Auschwitz, avrei difficoltà a decidere. Eppure ne ho visti. Ho pianto. Tanto. Ho studiato anche, ho letto libri di storia, in particolare uno che vi consiglio tantissimo, La violenza nazista. Una genealogia di Enzo Traverso [Il Mulino, 2010], dove si ricostruiscono le cause di uno degli orrori più grandi dell'età contemporanea. Il problema, ecco, è che sembra che questo Giorno della Memoria non stia servendo proprio a un bel niente. Guardiamoci intorno. Solo questo.

A giugno del 2014, però, ho letto un libro consigliato dall'Immenso Goffredo, sempre per il Progetto di Lettura (qui la sua recensione). Un librino piccolo, nemmeno 80 pagine, di uno scrittore svizzero che solamente Fazi si sta filando, e menomale. Il libro in questione è Un ebreo come esempio di Jaques Chessex [Fazi, 2011, traduzione di Maurizio Ferrara]. Un racconto che prende la forma compiuta del romanzo che tutti, dannazione, dovrebbero leggere. Siamo in un grosso paese della Svizzera francese, Payerne, nell'aprile del 1942, quando Chessex era un bambino. La storia infatti è vera, e lo scrittore ci serve sotto gli occhi una cronaca fredda e annichilente. Gli abitanti del borgo sono già accecati dal fanatismo antisemita, derivato dal malcontento generale, dalla perdita di ricchezza, dall'ignoranza. Bisogna trovare a chi dare la colpa, e chi meglio dei parassiti ebrei? In particolare un tipo tremendo, Ischi, che lavora in un garage, un tipo volgare, ignorante, violento, fomentato dai discorsi terribili del pastore Lugrin, che inneggia all'odio e alla vendetta. Ichi vorrebbe elevare il suo stato diventando capo della sezione locale del partito nazista. Per fare questo, deve dare il buon esempio: ammazzare un ebreo come se fosse una bestia, per dimostrare all'intero villaggio che tali sono i giudei. Viene così designata la vittima, un padre di famiglia, svizzero da generazioni, buono, retto, il mercante di bestiame Artur Bloch. La descrizione dell'omicidio è raccapricciante, Lugrin scappa in Germania, e Ischi e i suoi complici si fanno incastrare. Uno strazio. Molti anni più tardi, lo scrittore incontrerà per caso il pastore Lugrin in un caffè, che pronuncerà parole incredibili e feroci: 
lei crede, giovanotto, di potermi intimidire con una storia vecchia?... Crede di farmi vergognare con la storia di quell'ebreo? Ho un unico rimpianto, badi bene. E' di non averne indicati altri ai miei amici. Ai miei amici, capito?
In un'oretta di lettura lo scrittore riesce a comunicare l'orrore, l'abominio e l'assurdità di cui l'Europa si è macchiata, mettendo a nudo quei meccanismi che purtroppo non riescono a lasciare l'essere umano. Da far conoscere e diffondere. 

B.

lunedì 25 gennaio 2016

Buon compleanno, Virginia!


Il 25 gennaio 1882 nasceva, in quel di Londra, non solo una delle scrittrici più rappresentative del XX secolo, ma anche una donna che avrebbe dato vita a una delle mie passioni letterarie più grandi
Virginia Woolf ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia acculturata abbestia, il su babbo era niente meno che Leslie Stephen, editore del dizionario Biografie degli uomini illustri, e sua mamma faceva la modella per i pittori più fighi dell'epoca. Tra fratelli naturali e di primo letto dei genitori, c'era sempre un gran casino in quella casa, che era anche sempre piena di intellettuali, politici, uomini di cultura vari che se ne stavano a discorrere beatamente in casa altrui. Virginia, nonostante il clima mega-yeah in cui cresceva, non poteva frequentare istituti scolastici per le repressive regole dell'epoca vittoriana, ma Madre le insegnava le lingue e Padre le faceva leggere i libri di sgamo. Poi alla nostra adorata piaceva un sacco andare nella casa al mare, ma quando la madre morì, nel 1895, il signor Stephen venderà l'amata dimora estiva, e Virginia inizierà a manifestare le prime crisi depressive. Quando anche il padre morrà, nel 1904, Virginia subirà il primo internamento in una clinica psichiatrica. Dopodiché, insieme al fratello Thoby e alla sorella Vanessa, si trasferirà nel quartiere di Bloomsbury, dove prenderà vita il noto circolo di intellettuali che animeranno per oltre un trentennio la cultura e la letteratura inglesi. Lì sì che si poteva parlare a ruota libera di tutto e di più, senza moralismi, ipocrisie, baggianate vittoriane varie! Lì sì che ci si poteva bullare di far parte di un gruppo ganzo abbestia! E proprio lì Virginia amore nostro incontrò il suo Leonard Woolf, che sposerà nel 1912. Nel 1915, da gggggiovane gggggiovanissima, pubblica il suo primo romanzo, The Voyage Out [La Crociera], e tra le altre cose ebbe anche una relazione con la poetessa e scrittrice Vita Sackville-West, relazione che la segnò molto profondamente sia a livello artistico che privato. Virginia scrive, appoggia le suffragette, pubblica romanzi e saggi per il pubblico intellettuale e già in vita avrà un successo enorme. Nonostante tutto, però, la Virgi continua a vivere nel disagio, e quel tesorino di Leonard, nel 1917, fonda insieme a lei la Hogarth Press (che, come Wikipedia giustamente ci ricorda, ha pubblicato tra gli altri Katherine Mansfield, Italo Svevo, Sigmund Freud, T.S. Eliot, James Joyce e la stessa Virginia, per dire). Grande femminista e utilizzatrice dello stream of consciusness, non riesce a reggere le violente crisi depressive, e il 28 marzo 1941 si toglierà la vita lasciandosi annegare. 

mercoledì 20 gennaio 2016

Jennifer Egan, La fortezza

La prima lettura del 2016 (vogliamo parlare un attimo del fatto che è il 2016? Il 2016 nel senso che sono passati vent'anni da quando ne avevo 8, ovvero ero già senziente, in grado di intendere e di volere nonché di leggere? Che vent'anni fa usciva Mulan e dieci anni fa stavo per diventare maggiorenne? Ne vogliamo parlare??? Ok scusatemi) è stata quantomai avvincente e intrigante. Ma questi due aggettivi non sono proprio sufficienti a descrivere La fortezza di Jennifer Egan [minimum fax, 2014, traduzione di Martina Testa]. Il romanzo, che precede Il tempo è un bastardo, con cui la Egan ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2011, è un concentrato di disorientamento ed euforia, di realismo e illusione, di complessità meta-narrativa e di puro piacere di lettura.




venerdì 15 gennaio 2016

Di ritorni e di quattro libri belli

La sensazione è un po' quella del primo post: ritrovarsi una pagina bianca davanti, e dover capire come si fa. Solo che di post alle spalle in realtà ce ne sono, e come si faceva lo stavo imparando sempre di più. Soprattutto, amavo farlo. Non tedierò il mondo dilungandomi sui perché e sui come, limitandomi a dire che dopo tanti, troppi mesi sono riuscita a riaprire le pagine di The Buzzing Page, e a realizzare quanto mi mancassero. Perciò senza altri preamboli, e tornando a bomba al consueto spirito demenziale che ancora - fortunatamente - mi contraddistingue, vi vorrei raccontare i quattro libri con cui ho ricominciato a leggere: a leggere avidamente, con il cuore che sussulta di nuovo, con il formicolio alle braccia per la posizione inevitabilmente scomoda, con le farfalle nello stomaco e le mani impazienti di girare pagina. 



Ti potrebbe anche interessare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...