martedì 30 settembre 2014

2. Elizabeth Strout, Olive Kitteridge

In realtà la recensione di Fofi parlava di Resta con me (Abide with Me, 2006), il romanzo precedente della scrittrice americana Elizabeth Strout, che però in Italia è stato pubblicato dopo Olive Kitteridge (2008), sempre da Fazi. Dopo questa difficilissima premessa, come si è capito avevo deciso di leggere proprio Olive Kitteridge, e perché era disponibile nella biblioteca dove lavoravo, e perché leggendo la trama ho pensato immediatamente, mio! Si parla di provincia americana? Presente! I protagonisti sono gli abitanti di una piccola comunità di una immaginaria cittadina del Maine? Eccomi qua!

Per scrivere di questo libro devo partire dalla conclusione: è bellissimo. Lo so che è un commento da bimbetta, ma è così, non ci sono altre parole per dirlo meglio. Lo ho letteralmente divorato, non riuscivo a staccarmi dalle sue pagine, anche se in realtà cercavo di centellinare la lettura, non potevo pensare di finirlo in così poco tempo! Ancora a distanza di mesi, ora che mi rimetto a pensarci, mi sento di nuovo catapultata nel paesino dove vive Olive Kitteridge, me la vedo accanto, visualizzo la sua struttura imponente, mi sembra addirittura di sentire la sua voce. Olive è la protagonista di questo romanzo dalla particolarissima struttura narrativa. Elizabeth Strout intesse una serie di racconti in cui Olive, per un motivo o per un altro, in alcuni di più e in altri di meno, è sempre presente, e deve un po' giocare il ruolo scomodo di chi ha uno sguardo più ampio sul mondo circostante. 

Le storie che vi sono narrate sono la quintessenza del disagio: vite comuni sgretolate da tragedie grandi o piccole, malinconici personaggi in cerca del senso della propria esistenza, sordide meschinità, paura della morte ma anche della vita. Le scrittura di Elizabeth Strout è asciutta e lineare, se vogliamo minimalista, ma al tempo stesso coinvolgente ed emozionante. Le sue storie mi hanno ricordato un po' le atmosfere narrate da Carver in Cosa parliamo quando parliamo d'amore, ma qui, complice un personaggio come quello di Olive Kitteridge, si riesce a scorgere, anche se in lontananza, un barlume di speranza, un accenno di quell'amore totalmente inariditosi nell'umanità raccontata da Carver. 

Una cosa stupida che penso di questo libro, e che mi ha immensamente soddisfatta, è che non sembra scritto negli anni 2000. Nel senso che nonostante vi siano riferimenti al tempo presente (in un racconto si parla dell'undici settembre, per esempio), ha quella struttura e quell'aurea di atemporalità che a mio avviso gli conferiscono l'ingresso privilegiato nel mondo della Letteratura: riesce a parlare a tutti, anche se chi lo legge non ha mai insegnato in una cittadina nordamericana o non ha mai ucciso qualcuno con delle pietre perché non sapeva cosa fare. Riesce a farti immedesimare con la protagonista, anche se talvolta Olive non è il massimo della simpatia, e certi suoi comportamenti sono più che biasimabili.

Per concludere, è una lettura che mi ha davvero appassionato, emozionato e commosso. Devo ripetermi: un libro bellissimo (che non per altro ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009), da regalare alle persone a cui si vuole tanto bene. Io mi sono già preparata sulla libreria il romanzo successivo, I ragazzi Burgess (The Burgess Boys, 2013), che Elizabeth Strout ha presentato a Mantova, all'ultimo Festivaletteratura. Io ci volevo tanto andare, dannazione!

In sintesi: 

  • Paese: Stati Uniti.
  • Prima edizione originale: 2008
  • Data recensione Fofi: 16 luglio 2010.
  • Pagine: 383.
  • Periodo di lettura: 19-26 novembre 2013. 
  • Consigliato: abbestia.
B. 

sabato 27 settembre 2014

William Faulkner e l'Autunno: storia di due grandi amori.

Il 25 settembre sarebbe stato il compleanno di William Faulkner. Mi è sempre sembrato strano ricordare la nascita degli scrittori ormai defunti, non lo so, mi sembrerebbe più logico ricordare il giorno in cui hanno vinto un premio, hanno pubblicato il loro capolavoro, tutt'al più il giorno in cui sono morti. Mi fa un po' strano pensare che l'altro giorno Faulkner avrebbe compiuto 117 anni, insomma, è morto nel 1962, perdincibacco! Comunque. Ho deciso di prendere spunto da tale improbabile ricorrenza per manifestare al mondo tutto l'amore che provo suoi nei confronti.

Ho conosciuto Faulkner a 21 anni, durante il mio Erasmus nella capitale irlandese. Con Dublino ho avuto un rapporto di amore-odio (con tendenze decisamente più marcate verso l'odio), ma ne sono uscita temprata e con un nuovo amore. Ho seguito un corso di Letteratura Americana sul modernismo, tenuto da una delle poche professoresse che non sembravano cocainomani convinte. La tendenza sbarbina dell'University College of Dublin prevedeva dei gruppi di alcolisti anonimi in cui studenti sprovveduti si dovevano confrontare sugli argomenti del corso. Uno di questi era proprio The Sound and the Fury di Faulkner (L'urlo e il furore, 1929). Io, stolta, mi ci sono buttata a capofitto, fondamentalmente perché non ci capivo una mazza. Acquistato il libro in inglese, ho dovuto ricominciare a leggerlo tre volte prima di orientarmi un minimo, con l'aiuto dell'edizione italiana, fattami spedire apposta dalla Terra Patria. Poi però, è scattato qualcosa, e me ne sono follemente innamorata, tanto che l'ho scelto come argomento del paper di fine corso. Non paga, poi, ho deciso che sarebbe stato l'argomento della tesi triennale. Ancora insoddisfatta, mi ci sono ributtata per la tesi magistrale. Insomma, un trip allo stato puro.


«My own experience has been that the tools I need for my trade are paper, tobacco, food, and a little whiskey». William Faulkner.

Perché Faulkner è così: oltre ad essere stato un personaggio assurdo, con i suoi romanzi ti cattura in un mondo totalmente altro, ti destabilizza con il suo stream of consciousness, ti risucchia in una spirale di infinito disagio. La sua produzione letteraria è varia ed eterogenea, ha scritto tantissimo. Ma è nel suo capolavoro che secondo me racchiude l'essenza del suo essere scrittore. Gente, L'urlo e il furore è una figata pazzesca!!! Così come lo è As I Lay Dying (Mentre morivo, 1930), dove ritroviamo la tecnica del flusso di coscienza e un disagio altrettanto profondo. 

La sezione Faulkner della mia libreria
Tutto questo per dire che per me tali romanzi rappresentano un termine di paragone e confronto per tutto ciò leggo. Mi sono messa l'anima in pace e ho capito che l'America più sfigata e periferica, le famiglie in rovina, i personaggi emotivamente disturbati e quelli rinnegati dalla società, l'anacronismo dilagante e una scrittura evocativa e labirintica rappresentano il mio ideale supremo di Letteratura (risate anni '80 in sottofondo).

Se non avete ancora capito quanto ci sono sotto, vi basti sapere che l'anno scorso ho fatto il Coast to Coast degli Stati Uniti, e ho corrotto il mio ragazzo affinché ci rientrasse il pellegrinaggio a Rowan Oak, la casa di Faulkner nella minuscola e ridente Oxford, Mississippi. 

Rowan Oak
Bea nel salotto di Faulkner - l'estasi suprema

In perfetto stile fan degli One Direction ho dato spettacolo con urletti e gridolini, mi sono fatta foto ovunque e ho impiegato il doppio del tempo che occorreva per la visita, leggendo, guardando, studiando tutto. Per inciso la casa è tenuta davvero bene, ci sono un sacco di bacheche con esposti oggetti, ritagli di giornale, lettere, copie originali dei libri; gli arredi sono perfettamente conservati e ti aspetteresti che da un momento all'altro spunti il buon vecchio William con un cicchino in mano. 

In più le persone che vi lavorano sono ricercatori universitari che lo fanno per puro ammòre, e a me che ero particolarmente su di giri hanno mostrato anche le copie dei carteggi tra Faulkner e Mondadori (in italiano!), gioia tripudio e gaudio.



Ora che avete capito il mio livello di fanatismo, possiamo passare alla seconda cosa bella di cui volevo parlare in questo post, ma siccome ho già scritto troppo vi risparmio il pippone allucinante, e dico soltanto che è Autunno e io sono felice. Ieri è stata la prima giornata in cui ho respirato quell'aria che aspetto tutto l'anno, in cui il fresco della mattina ti carica e ti fa assaporare il cambiamento, in cui il sole ti scalda con fare amichevole, in cui le foglie cominciano a cambiare colore, in cui io mi sento in pace col mondo. E allora per celebrare la giornata ho dato il via alla produzione di biscotti, un po' in anticipo sulla normale pianificazione annuale, ma avevo troppa voglia di mettere le mani in pasta e sancire l'arrivo dei mesi felici.


Composizione e foto di Barbara Tomasi (la mia sorella super figa)

Questo post è dedicato a Carlotta, perché qui anche lei festeggia l'arrivo dell'autunno, uno dei tanti amori che abbiamo in comune. Con la consapevolezza che questo, in particolare, sarà all'insegna del DAJE.

Che il foliage e il disagio faulkneriano siano con voi!

B.

mercoledì 24 settembre 2014

1. Ernesto Sábato, Sopra eroi e tombe.

Il primo romanzo che compare sulla lista del Progetto di Lettura di Bea è Sopra eroi e tombe, dell'argentino Ernesto Sábato: per la sottoscritta, ignorante come una capra, un perfetto sconosciuto. Non ne avevo mai sentito parlare. Mai. Neanche di sfuggita. Neanche per sbaglio. Innanzitutto al momento della recensione di Fofi, del lontano gennaio 2010, il buon Sábato era sempre tra noi, alla veneranda età di 99 anni. La cosa che mi indigna ancor di più è che io non abbia considerato minimamente nemmeno la sua morte, avvenuta il 30 aprile 2011. Capra senza fine

Per fortuna però ogni tanto si rinsavisce, perciò, prima che sia troppo tardi, procuratevi una copia di questo romanzo immenso, e abbandonatevi alle ambientazioni polverose e un po' umidicce della Buenos Aires che fa da sfondo alle vicende narrate da Sábato. 

In biblioteca avevo trovato l'edizione pubblicata da Editori Riuniti, mi ero buttata a spron battuto nella lettura e... mi era preso un colpo: non riuscivo a leggere, le parole mi sembravano posticce, le frasi non scorrevano, un disastro. E pensare che era il primo libro del Progetto! Non potevo iniziare con un fallimento colossale! Dopo una quarantina di pagine ho rinunciato, sono corsa su Amazon e ho ordinato una copia nuova e fiammante, quella che in effetti Fofi recensiva: l'ultima traduzione (di Jaime Riera Rehren, con prefazione di Ernesto Franco) pubblicata nella nuova collana di Einaudi, Letture. Trepidante d'attesa accolgo con mille feste il corriere, e comincio tutto da capo. Che sollievo, quale meraviglia! Come se fosse un altro libro. Ed ecco che, finalmente, si spalancano le porte della Letteratura

Sopra eroi e tombe è un romanzo vero: al suo interno contiene tutto, ma la sensazione che trasmette è quella che non ne avresti mai abbastanza. Si respira in maniera netta quell'impronta tipicamente sudamericana che ancora non riesco a definire; vi è intrisa la Storia, che non è mai separata dalla narrazione, anche se non manifestata esplicitamente. E poi personaggi memorabili, color seppia, coperti di polvere e di epoche che si sovrappongono. Il giovane Martín, prototipo del caso umano, Bruno, l'intellettuale che se la vive, Alejandra, che sfugge a qualsiasi definizione, che avvicina ed allontana, e che vede. E poi il padre di lei, a cui Ernesto Sábato dedica alcune delle pagine più folli, ironiche e potenti della storia della letteratura (sì, usiamo frasi ad effetto senza alcuna autorità!). 

Ho amato questo romanzo perché all'inizio non si capisce niente, ma si entra immediatamente in un'atmosfera dalla quale risulta complicato uscire; perché è pervaso da forze inarrestabili, da ansia, da mistero, eros e thanatos, famiglie in decadenza, cieca follia. Insomma, l'ha detto Claudio Magris, quindi posso dirlo anch'io: è davvero un capolavoro del Novecento

Senza dilungarmi oltre, l'invito mi pare chiaro: se amate il disagio umano, le atmosfere oniriche e le famiglie maledette in versione sudamericana, questo è il libro che fa per voi. E se non ne avrete ancora abbastanza, siete fortunati, perché Sopra eroi e tombe fa parte di una "trilogia": Il tunnel lo trovate edito da Feltrinelli, mentre L'angelo dell'abisso è stato recentemente ripubblicato da Sur (che siccome ci vuole bene ha un blog a cui vi rimando, dove potrete trovare molti articoli interessanti ed esaustivi dedicati al mio nuovo scrittore del cuore).


In sintesi: 

  • Paese: Argentina.
  • Prima edizione originale: 1961.
  • Data recensione Fofi: 22 gennaio 2010.
  • Pagine: 560.
  • Periodo di lettura: 30 ottobre - 18 novembre 2013.
  • Consigliato: abbestia.
B. 

lunedì 22 settembre 2014

L'Italia è pronta

Gli scaffali della biblioteca dove è avvenuto il fattaccio
È vero, forse l'Italia non è pronta per questo, ma sono certa che lo sia per il... Progetto di Lettura di Bea. Come si può evincere dal fantasioso titolo da me ideato, si tratta di un personale progetto di lettura, quanto mai nerd o, poco politically correct parlando, decisamente autistico. Ho deciso però che il mondo doveva sapere, perciò procediamo senza indugio. 

Verso fine ottobre del lontano 2013 mi trovavo tra gli scaffali della biblioteca dove stavo da poco svolgendo il tirocinio, e improvvisamente la mia testa è stata squarciata da un pensiero devastante: "non ho la più vaga idea di cosa proponga il panorama editoriale attuale". Sconvolta da questa rivelazione ma riluttante ad intraprendere la lettura degli ultimi best-seller arrivati in biblioteca, ho iniziato a spulciare su internet, e ho trovato la soluzione al mio dramma esistenziale

Sul sito di Internazionale sono raccolte tutte le recensioni pubblicate da Goffredo Fofi dal 22 maggio 2009 in poi. E allora, forte di quell'aurea di saggezza e serietà che scaturisce dalle sue opinioni, ho pensato di:

  1. leggerle TUTTE
  2. estrapolare quelle che più mi ispiravano
  3. rileggerle tutte per essere sicura
  4. fare un elenco dei titoli scelti
  5. suddividere suddetti titoli in base alla disponibilità delle biblioteche limitrofe, cominciando ovviamente da quella dove stavo lavorando.
L'unico criterio dirimente era la scelta di soli testi di narrativa. E così è venuta fuori una lista di 63 libri. Qualche tempo dopo mi è capitato di leggere questo articolo, in cui un tizio pontifica su come spararsi un libro a settimana; lui, amore, lo fa leggendosi 40 pagine la mattina mentre fa colazione al baretto. A questo punto mi infervoro e decido che non avrei letto altro libro al di fuori di quelli della lista, in modo da soddisfare il mio autismo statistico e vedere cosa sarei riuscita a fare. 

Al momento sono passati 326 giorni, e io ho letto 40 libri. Un libro è stato eliminato perché proprio non ce la potevo fare, ma avremo modo di parlarne. Secondo i miei difficilissimi calcoli ho previsto di terminare il progetto entro fine 2014, ma staremo a vedere. Nel frattempo, ho imbastito un quadernone ad anelli con le schede dei libri letti: recensione di Fofi, data di lettura, opinione personale a caldo. 


A questo punto, la mia creatura è pronta per essere gettata nella rete, quindi vi lascio con la dovuta suspense al prossimo post...


B.        

giovedì 18 settembre 2014

Vorrei ma non posso: pordenonelegge 2014

La prima cosa a cui penserò sempre quando sento nominare Pordenone, è ovviamente questa canzone
Durante la mia tardo adolescenza rappresentava in modo quasi perfetto il fastidio della non appartenenza, lo scazzo ossessivo compulsivo, la volontà di evasione come unica ragione di vita. Mi facevo trip immensi su questo luogo assunto a simbolo assoluto di provincia nebbiosa, giovani introversi e pomeriggi grigi ed infiniti. L'aura di mistero sulla sua precisa collocazione geografica contribuiva notevolmente ad elevare Pordenone a Capitale del Disagio

Capirete quindi quanta ilarità suscita in me l'idea che a Pordenone esista un festival letterario proprio proprio figo, che incarna tutti i miei ideali di promozione e condivisione della cultura: centralità del territorio, respiro internazionale, attenzione agli scrittori emergenti, volontà di mettere in contatto l'Autore con il Lettore. 

Nel Magico Mondo di Bea in questo momento io sarei nel mezzo della mischia, con un programma ultra nerd in mano, un quaderno esteticamente adeguato e un sorriso da ebete stampato in faccia. Nell'Orrido Mondo Reale sono invece davanti ad un monitor a sbavare sul sito internet, maledire lo spazio-tempo, imprecare contro gli dèi. Ma sull'onda della Mia Nuova Era, ecco la svolta. Vi propongo quali eventi sono a mio avviso imperdibili, cosicché se voi avrete la possibilità di farci un salto, potrete farmi sbavare con i vostri commenti. 



Pordenonelegge è in realtà cominciato ieri 17 settembre, e io sarei andata a Raccontinclasse, perché ho un debole per la creatività dei bimbetti e sono sempre curiosa di scoprire cosa elaborano le loro menti; mi piace l'idea che in classe si dedichi del tempo a progetti extra-scolastici, di qualsiasi natura, ma quando si tratta di scrittura mi piace ancora di più. Nel pomeriggio mi sarei spostata all'incontro sull'editoria veneziana tra XV e XVI secolo: adoro quando vi è la possibilità di sentire parlare in modo approfondito di quegli eventi storici un po' dimenticati, che hanno cambiato in realtà il corso della nostra esistenza. Infine avrei camminato in maniera trafelata e scomposta verso l'incontro inaugurale del Festival, perché l'evento con l'ospite internazionale di cui non si è mai letto niente ci sta sempre di lusso. 

Oggi 18 settembre avrei cominciato la mia giornata con Il Premio Campiello Giovani, anche per avere la possibilità di ascoltare Stefano Valenti, neo-vincitore del Premio Campiello Opera Prima. Alle 16.00 mi sarei lasciata incuriosire da La mia patria è il mondo intero, dove vengono presentate storie di donne friulane che ci stanno dentro di brutto. Il girl power ci piace sempre, ma fuggirei per fare in tempo ad assistere a Lo storytelling dell'enogastronomia. Vi assicuro che avremo modo di approfondire anche questa mia passione. La sera prenoterei una poltrona per assistere allo spettacolo teatrale La Paura, perché è giusto dedicare del tempo al ricordo della Grande Guerra, e perché il racconto di De Roberto è sulla lista dei Libri da Leggere dopo aver letto questa recensione.

Venerdì 19 settembre mi farei subito del male partecipando a L'italiano in gioco. Fa sempre piacere constatare la propria ignoranza. Durante il pomeriggio vorrei partecipare ad un incontro con autore emergente, nello specifico Maja Haderlap, che presenta il suo Angeli dell'oblio, edito da Keller, che è sempre una sicurezza. Se però avessi anche il dono dell'ubiquità non mi perderei nemmeno l'incontro con Petra Soukupova: quando si tratta di disagio familiare, sono sempre in prima linea. Credo che poi mi prenderei una bella pausa, magari con un lungo aperitivo per fare il punto della situazione. La sera il mio must see sarebbe Il racconto. Eccellenza formale e indifferenza editoriale?, perché è un tema che mi interessa tantissimo, alla luce soprattutto dell'amore che ho recentemente scoperto di provare nei confronti di questa forma narrativa. 

Sabato 20 coglierei la possibilità di scoprire Che cosa leggono i poeti. Pordenonelegge ha un occhio di riguardo nei confronti della poesia, e il dibattito sul suo stato è sempre molto attuale (e poi la mia tesina della maturità si intitolava Essere o non essere poeta, perciò <3). A mezzogiorno lo so che c'è Massimo Recalcati, ma io credo che non riuscirei a perdermi l'incontro con Giulio Scarpati: lui + storie di famiglie a ritroso è un binomio per me irresistibile. Ed ecco che il sabato pomeriggio l'offerta del Festival si fa ancor più ghiotta e intrigante. Tra tutti gli eventi spicca senz'altro quello che ospita la scrittrice canadese Margaret Atwood, e credo proprio che farei di tutto per esserci. Per non farmi mancare niente vorrei anche conoscere il mondo visionario di Gabriel Pacheco, anche se c'è pure Concita De Gregorio... Argh! E poi, i dilemmi più grandi: sentire finalmente una lectio magistralis di Umberto Eco, assecondare gli echi universitari ascoltando cosa hanno da dire Fabio Stassi e Francesco Pecoraro a proposito di letteratura e vita, o approfondire la conoscenza del vincitore del Premio Campiello 2014, Giorgio Fontana? Dopodiché penso che crollerei, sfinita ma contenta, per ricaricare le pile in vista dell'ultima giornata. 

La mia domenica 21 settembre comincerebbe con un bel Viaggio nella letteratura di immaginazione. Nel primo pomeriggio mi farei trasportare tra le vie dell'affascinante città di Praga, raccontata da Caleb Crain. E poi bisogna andare per forza a sentire Marino Sinibaldi, direttore di Radio3 Rai, perché gli si vuole proprio bene. Per concludere in bellezza, l'incontro con Walter Siti, che mi sono già persa una volta a Pisa. Poi credo che sarei da raccogliere col cucchiaino, quindi anche basta così!

Rileggendo il tutto mi rendo conto di aver scelto gli eventi solo sulla base dei miei interessi, dannazione! Però alla fine io ci volevo andare e se foste venuti con me, sono sicura che vi sareste divertiti. 

(dopo questo post vado a ripassare la consecutio temporum, non temete). 

Viva i Festival Letterari, viva chi ci va! Battete un colpo e fatemi invidia. 

B.        

La dichiarazione di intenti.

Ci ho messo più o meno 140 ore a scegliere il titolo per il blog. Nel frattempo, come di consueto prima di addormentarmi (da sempre il momento più creativo della mia giornata e allo stesso tempo il più inutile) avevo dato vita ad almeno una dozzina di post iniziali (profondi, acculturati, convincenti) di cui, ovviamente, non rimane più traccia. 

Ora però il titolo c'è, il mio spazio è stato creato, la pigrizia mentale debellata e la procrastinazione bandita: non ho più scuse. Non ne ho soprattutto perché oggi sono felice, lo sono stata durante i giorni scorsi e lo sono ancora adesso, perché il torpore al cervello è sparito e lo voglio dire a tutti, ma davvero TUTTI! Ho fatto un giro di telefonate che neanche quando mi sono laureata, per comunicare la mia gioia alle persone a cui voglio bene (sì lo so sta venendo il diabete anche a me, ora la smetto); per comunicare che finalmente ho un piano. 

E adesso lo dico pure qui, paleso senza indugi il mio manifesto: l'autismo diventa condivisione. La paura si trasforma in entusiasmo. I pensieri, senza più aspettare che inventino un marchingegno di trasferimento automatico cervello-monitor, diverranno traccia. 

The buzzing page sarà lo spazio dove farò ciò che ho sempre fatto, da sola o in compagnia, con un pizzico di cognizione di causa in più: parlare di libri come se non ci fosse un domani. E di tutto ciò che vi ruota intorno. E di come una passione non ce la fa più ad essere solamente tale, ma vuole diventare un lavoro. 



A molto presto, 


B. 

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