domenica 30 novembre 2014

Paolo Cognetti, A pesca nelle pozze più profonde: presentazione a Tra le Righe, Pisa.

Ed ecco svelato il mistero. L'attesissimo evento di giovedì 27 novembre era la presentazione dell'ultimo libro di Paolo Cognetti, A pesca nelle pozze più profonde [minimum fax, 2014]. 
Facciamo, come al solito, le doverose premesse. Ho conosciuto Cognetti ovviamente grazie a Goffredo Fofi: Sofia si veste sempre di nero [minimum fax, 2012] fa infatti parte del Progetto di Lettura. Acquistato al Pisa Book Festival 2013, acquistato nuovamente per regalarlo alla mia amica Silvia per Natale, finalmente è arrivato il suo turno, e questo mese mi ha accompagnata in ospedale e in giro per il mondo. Un giorno ne pubblicherò la recensione, per ora vi basti sapere che ho letteralmente adorato questo romanzo scritto sotto forma di racconti, e di ciò mi continuavo a stupire ogni volta che cambiavo pagina, impaurita come al solito dalla narrativa italiana contemporanea... e invece no, Sofia è un libro meraviglioso. Immaginate quindi il mio entusiasmo quando ho scoperto che non solo a Pisa, ma pure in una delle mie librerie preferite, Paolo Cognetti avrebbe presentato la sua ultima opera! Ho smaniato per una settimana intera, e alla fine il momento è arrivato. Con la mia amica Erika siamo giunte in libreria con tipo tre quarti d'ora d'anticipo: una groupie che si rispetti deve fare per bene il suo lavoro! E così vi è stata anche l'occasione per vivere un momento della serie "le mirabolanti avventure di Bea": sono stata incaricata di andare a recuperare Cognetti al parcheggio, dove sono corsa festante ed emozionata; lo riconosco addirittura mentre era ancora in macchina: urlo senza troppi complimenti "Paolo!", mi improvviso parcheggiatrice abusiva, ci presentiamo, faccio le feste al suo bellissimissimo cane Lucky (sì lo so dovrebbe essere il contrario, cosa volete farci) e lo scorto finalmente a Tra la Righe, come se con me ci fosse un vecchio amico a cui mostro la città dove ho studiato. Tra un "questa è Lettere!", "ecco il mio Baretto del cuore", "questa è la biblioteca di Storia", "ho fatto la tesi su Faulkner", "che caldo porco che fa". Povero Paolo. Ci credo che vive sei mesi all'anno in una baita in montagna! Chiedo umilmente perdono per il disagio a cui lo ho sottoposto, ma non riesco a contenere l'entusiasmo. 



sabato 29 novembre 2014

In giro per Pisa: i migliori luoghi dove andare in cerca di libri.

Giovedì 27 novembre è apparso su La Repubblica Firenze un interessante articolo di Fulvio Paloscia, che si è interrogato sulle nuove aperture di librerie nel capoluogo toscano. "Diversificarsi nei contenuti e nell'ubicazione è la password per il tempo che verrà, ed è valido sia per le librerie di catena che per quelle indipendenti". Proprio quel giorno avevo deciso di farmi un giretto nell'adorata Pisa, in occasione di un attesissimo incontro di cui vi parlerò presto... Ho colto la palla al balzo, mi sono sbafata un meraviglioso panino de Il Crudo, accompagnato da un bicchiere di vino bianco ghiacciato (per festeggiare delle belle novità che tra un pochino potrete vedere...), e poi me ne sono andata bella bella a zonzo per le vie pisane, con l'obiettivo di raccontare I migliori luoghi di Pisa dove andare in cerca di (bei) libri.

Andando verso Corso Italia, ©TheBuzzingPage


giovedì 27 novembre 2014

Daniel Krupa, Serpenti

La doverosa premessa (tantantan)

Con il post di oggi inizia la mia avventura delle "Recensioni indipendenti". Ci sono le case editrici indipendenti, le librerie indipendenti, i negozi di dischi indipendenti, i caffè indipendenti, e quindi io ho deciso che anche le mie recensioni si blasoneranno di tale definizione. Quindi: parallelamente al Progetto di Lettura, sto leggendo dei libri che mi sono stati o gentilmente inviati/consegnati spontaneamente da Case Editrici, o che a seguito di segnalazione ho richiesto personalmente. Lo faccio con tutta l'onestà intellettuale possibile, per puro e semplice amore per la lettura e per la soddisfazione che questo mio piccolo progetto mi sta dando ogni giorno di più. Credo non ci sia molto altro da dire. Io ho messo le mani avanti (e il naso tra le pagine), *sapevatelo!

martedì 25 novembre 2014

Le gioie di Bea: la biblioteca, la pioggia, i libri e le anziane.

Dopo una settimana che definire intensa sarebbe un eufemismo, e dopo un lunedì di trapasso, stamattina sono tornata al sicuro della Mia Biblioteca. Dove però sono successi fatti incresciosi, di cui avremo modo di parlare prossimamente. Chiacchierando con gli amici bibliotecari, scopro che nel pomeriggio ci sarebbe stato un gruppo di lettura, coordinato niente meno che da Filiberto Segatto, mio professore di Lettere al liceo. Ma che bello! Poi però capisco che il libro di cui si sarebbe discusso era Accabbadora di Michela Murgia [Einaudi, 2009 - Vincitore Premio Campiello Letteratura 2010]. Panicopaura. Entro nel mode impopolarità abbestia, e dichiaro ufficialmente tutto il disagio che quattro anni fa provai a leggere tale libro. 

sabato 22 novembre 2014

6. Arno Camenisch, Dietro la stazione

Dopo una veloce, rilassante (...), letteralmente buzzing ma soprattutto mega diabetica (metaforicamente e fisicamente parlando) tappa londinese, eccomi di nuovo sul pezzo. L'occasione è quella di parlare di un librino che ho a dir poco adorato, Dietro la stazione di Arno Camenisch. La recensione di Fofi rende merito all'editore Keller per scovare tali gioiellini, ed io non posso che essere d'accordo, a fronte soprattutto della meravigliosa chiacchierata con Roberto Keller al Pisa Book Festival (che potete leggere qui). 
Dietro la stazione è un libriccino da leggere tutto d'un fiato, e che sin dalle prime righe ti catapulta in un mondo completamente altro, dove però, allo stesso tempo, ogni cosa sa di intimo e di familiare. Si ha come l'impressione, infatti, che sia un libro le cui pagine potrebbero essere infinite: vi si narrano le storie di un paesino di 40 abitanti nel cantone dei Grigioni dal punto di vista di un bambino (di cui non sappiamo né il nome né l'età), e veniamo a conoscenza di un universo costellato da piccole cose, semplici ma straordinarie. Si sospira con l'alternarsi delle stagioni, si fa amicizia con gli strambi individui del villaggio, si sorride per le nuove scoperte dei bambini e per le loro avventure, si assapora la saggezza degli anziani, si corre per i prati, si guarda il cielo terso della montagna.  E già qui ciao, ma c'è anche di più: perché Arno Camenisch scrive in una lingua meravigliosa, un misto tra tedesco e romancio che la traduttrice Roberta Gado ha reso magistralmente. Si tratta di un parlato davvero buffo, credo però che il senso sia quello della ricerca di una mimesi il più possibile aderente alla realtà che lo scrittore ha voluto raccontare.  Insomma, come scrive Fofi, un gioiello da far scoprire e da condividere; aggiungo che personalmente trovo sia un libro perfetto per l'autunno/inverno, a partire dalla meravigliosa copertina. E poi quando si tratta di dialetti e montagna, con me si è fatto proprio centro.

Il 26 settembre poi stavo guidando, in una rara e fredda giornata di sole, verso la biblioteca dove ho svolto il tirocinio post-laurea; ero felice come non mi capitava di esserlo da tanto tempo, accendo la radio su Fahrenheit e sento Loredana Lipperini che intervista Arno Camenisch a proposito del suo ultimo libro, Ultima sera. Parlano anche di Dietro la stazione, dei personaggi che lo abitano, e non lo so, mi vengono i brividi dall'emozione, e divento ancora più felice. Così al Pisa Book mi sono ovviamente comprata l'ultimo capitolo su questo paesino incantato, e non vedo l'ora di leggermelo.




In sintesi:

  • Paese: Svizzera.
  • Prima edizione originale: 2010.
  • Data recensione Fofi: 9 maggio 2013. 
  • Pagine: 107.
  • Periodo di lettura: 2-3 gennaio 2014.
  • Consigliato: abbestia
B.     

domenica 16 novembre 2014

#Pbf2014 - Il momento Winnie The Pooh

Ed eccoci qui. Una settimana esatta è passata dalla fine del Pisa Book Festival, sono riuscita contro ogni previsione a raccontare tutto (ma proprio tutto tutto), e quindi mi concedo questo post per tirare un po' di somme. 


Innanzitutto, la critica costruttiva. Sono una persona molto esigente, che ama l'organizzazione e le cose fatte ammodino. Ho trovato il Pisa Book molto cresciuto rispetto alle edizioni passate, la qualità degli eventi è finalmente all'altezza della terza fiera del libro più importante d'Italia, e di ciò sono solamente felice. Credo però che vi siano ancora dei punti sui quali si possa lavorare, per rendere questo festival ancora più figo. La prima cosa a cui penso è che mi piacerebbe che ci fosse un coinvolgimento maggiore della città tutta: tre giorni relegati al Palazzo dei Congressi risultano essere un po' alienanti, quando invece Pisa sarebbe perfetta per accogliere un evento di tale portata. Alla fine lo si è fatto per l'Internet Festival, non vedo perché non lo si possa fare anche per il Pisa Book. Una città universitaria punto di riferimento per tutta Italia non farebbe altro che trarre vantaggio da un'estensione del festival agli spazi cittadini, ci sono a disposizione aule magne recentemente ristrutturate, chiostri, chiese sconsacrate, giardini, piazze. Penso a Mantova, penso a Pordenone, al fuori salone di Torino, al BookCity di Milano che si è concluso proprio oggi, e voglio pensare che prima o poi i libri riusciranno a conquistare anche l'amata Pisa, coinvolgendo anche le belle librerie e le biblioteche, universitarie e non. DAJE!
Altro appunto che mi sento di fare è un po' più generale e riguarda il programma degli eventi. Tanti, forse troppi, uno dietro l'altro, con la conseguenza che spesso il ritardo di uno inficiava il tempo a disposizione dell'altro. I cambi di programma poi possono accadere, ma avrei fatto un po' più di attenzione nel comunicare le discrepanze tra programma su internet e programma cartaceo. Su quest'ultimo, una maggiore attenzione ai refusi sarebbe stata assai gradita... ma io sono una rompipalle, l'avevo premesso. Infine, la tanto temuta presenza dell'Ikea: devo dire che lo spazio a loro dedicato è stato piccolino e discreto, il loro stand era al piano di sopra e in fondo in fondo, io ci sono arrivata solo l'ultimo giorno: ho scroccato biscotti allo zenzero senza dignità alcuna, mi sono scolata un bicchiere di vino speziato caldo, accomodata in poltrona tra morbidi cuscini e alla fine ho fatto pure l'Ikea Family, tanto per gradire. Quindi, da questo punto di vista, benebraviciao.



sabato 15 novembre 2014

#Pbf2014 - 9 novembre: l'omaggio a Franco Ferrucci dei librai indipendenti e intervista a Marco Zapparoli

Ed eccoci arrivati all'ultima cronaca del mio Pisa Book Festival: l'omaggio a Franco Ferrucci, libraio (La Gaia Scienza) ed editore (Erasmo edizioni) livornese, tra i fondatori del Premio Montescudaio per i librai indipendenti, scomparso prematuramente nel luglio di quest'anno. In Sala Fermi si ritrovano Monica Bellomini Genovesi, la libraia più amata di Pisa, della libreria Fogola in Corso Italia; Tamara Guazzini, una delle undici libraie della Rinascita di Empoli; Andrea Geloni, della libreria Nina di Pietrasanta; uno scoppiettante Marco Zapparoli, editore di Marcos y Marcos, e Lucia Della Porta, direttrice del Festival, in un appuntamento rinnovabile, un incontro del cuore, legato alle esperienze di undici librerie italiane che sono un esempio concreto di come si fa libreria oggi. Queste storie sono raccontate ne La voce dei libri (Marcos y Marcos, 2014), volume a cura di Matteo Eremo. Qui al Festival ciò che si vuole fare è ricordare Franco Ferrucci, che Zapparoli definisce un nuotatore: una persona che andava avanti, senza dare nell'occhio, ma con la grande capacità di coinvolgere le persone. Ferrucci ha dato una mano, un orecchio, un occhio a mezza Livorno, era un punto di riferimento per tutto ciò che riguardasse il libro. Le librerie infatti non sono soltanto dei luoghi dove stanno i libri; sono soprattutto luoghi dove ci sono persone. In libreria si ha la possibilità di sfogliare il mondo, aprire i libri ed aprirsi alle persone: è un diritto anche quello di chiedere le coccole al libraio. Non è possibile rinunciare a tutto ciò, continua Zapparoli, perché la libreria è l'unico luogo laico dove si possa stare senza comprare assolutamente niente, ma da cui si esce sempre con qualcosa in più. Franco Ferrucci era un maestro nel sostenere gli altri, e i librai de La voce dei libri hanno accolto la sua lezione.

venerdì 14 novembre 2014

#Pbf2014 - 9 novembre: intervista a Morten Søndergaard e tavola rotonda sulla traduzione della poesia

Lo confesso: prima di domenica conoscevo Del Vecchio Editore solo di nome, ma non di fatto. Una mancanza imperdonabile. Una caduta di stile clamorosa. Ma come ho già avuto modo di dire altre volte, questo blog mi sta dando una grande mano a colmare un sacco di lacune, e quindi dai, c'è speranza. Ho incontrato Pietro Del Vecchio mentre stava parlando con Anna Basile, redattrice di Iperborea, a proposito della cena con gli scrittori del sabato sera nella ridente Pisa; mi sono elegantemente inserita nella loro conversazione (...) suggerendo un paio di ristorantini, e la domenica sono andata appunto allo stand di Del Vecchio per sincerarmi della riuscita della serata. Oh, Bea. La cena era andata bene, io ho tirato un sospiro di sollievo e ne ho approfittato per fare due chiacchiere con l'editore



giovedì 13 novembre 2014

#Pbf2014 - 9 novembre: ancora incontri con gli editori!

Ed eccoci già arrivati all'ultima giornata del Pisa Book Festival. Cerco di scacciare la nostalgia preventiva che sempre mi colpisce prima che le cose finiscano, e mi godo la meravigliosa colazione preparatami da Erika, l’ospite migliore che potevo desiderare per la mia tre giorni di immersione totale. E poi esco, e c’è un sole pazzesco, un sole bello che mi accompagna fino al Palazzo dei Congressi. Saluto l’Arno ed eccomi, sono pronta! Inizia la giostra, tutti su! 



mercoledì 12 novembre 2014

#Pbf2014 - 8 novembre: Elena Stancanelli, Massimo Loche, Morten Brask

Ed eccoci all'attesissimo momento (...) della cronaca degli incontri a cui ho assistito sabato 8 novembre, tra un'intervista e l'altra (non mi sto affatto dando un tono!). Nell'ordine: 
  1. Ore 12.00, Repubblica CaffèFIGURACCE (Einaudi, 2014): Laura Montanari e Fabio Galati intervistano l'autrice Elena Stancanelli.  
  2. Ore 14.00, Book Club. PER VIE DI TERRA: In treno da Hanoi a Mosca (Voland Edizioni, 2014): ricordi di viaggio di un inviato speciale attraverso la Cina di Mao e l'Unione Sovietica di Brezhnev. Massimo Loche, giornalista e nel 1974 corrispondente de L'Unità in Vietnam, in conversazione con Ezio Menzione, avvocato e viaggiatore. 
  3. Ore 15.00, Book Club. LA VITA PERFETTA DI WILLIAM SIDIS (Iperborea, 2014): La storia di un bambino prodigio, con il quoziente d'intelligenza più alto mai misurato, una delle menti più eccelse mai esistite. L'autore Morten Brask ne parla con Bruno Berni


martedì 11 novembre 2014

#Pbf2014 - 8 novembre: intervista a Flavia Cristina Simonelli e presentazione di "Assenza"

Questo post è dedicato a come si è conclusa la mia seconda giornata al Pisa Book Festival, ovvero con l'intervista alla scrittrice italo-brasiliana Flavia Cristina Simonelli ed il successivo incontro con Julio  Monteiro Martins.

La giornata sta ormai volgendo al termine: dopo l'intervista a Francesco Targhetta, ci sono stati mmmmille incontri di cui non vedo l'ora di parlare. Ma questa è una storia che merita un post a sé, e quindi ora ve la racconto. Il venerdì, dopo un secondo dal mio ingresso al Palazzo dei Congressi, ero già carica di roba come un asinello, e l'idea dello zaino non era stata esattamente brillante. Faccio così un giro tra gli stand in cerca di una borsa di tela, e rimango colpita da quella di Vittoria Iguazu Editora



Così mi presento a Riccardo Greco esordendo con: "avete le borse di tela: avete vinto". Solo io. In questo modo però iniziamo a chiacchierare, e mi faccio presentare questa realtà editoriale a me totalmente sconosciuta, ma che mi affascina e rapisce in tempo cinque minuti. Riccardo mi dice che l'indomani ci sarebbe stata la presentazione del libro di una scrittrice italo-brasiliana, e mi convince a parteciparvi, eliminando in men che non si dica un altro evento a cui avevo pensato di andare: bel lavoro! Il sabato, tra un incontro e l'altro, sono ripassata dal suo stand perché gli volevo fare qualche domanda prima della presentazione: lo vedo parlare con una donna bellissima, e mi dice: ma perché invece non intervisti Flavia, la scrittrice? Prima mi sciolgo, poi mi ripiglio e su di giri la rapisco per portarla fuori, in modo da poter conversare come si deve.

#Pbf2014 - 8 novembre: intervista a Francesco Targhetta

Questo post è dedicato a come è iniziata la mia seconda giornata al Pisa Book Festival, ovvero con l'intervista al vincitore del Premio Ciampi-Valigie Rosse 2014, Francesco Targhetta (sì, lo ho intervistato proprio io, io! Muahahahah). 

Intanto mi sveglio dopo ben quattro ore di sonno, faccio colazione parlando di libri (curioso) con uno sconosciuto ma delizioso inquilino della casa dove sono ospite, mi preparo e mi butto fuori casa: c'è un accenno di solicino, evviva! Mi sparo a manetta il Cd Tamarro Autunno 2014 (il tesoro mio e di mia sorella) e mi precipito verso il Palazzo dei Congressi, dove praticamente mi catapulto allo stand di Valigie Rosse (ne ho parlato qui!), getto le mie cose per terra, mi lascio cadere sulla sedia e mi preparo alla chiacchierata con Francesco Targhetta. Devo avergli fatto un'ottima prima impressione (...). Praticamente Francesco Targhetta è il mio opposto: una persona posata, seria, calma e pacifica. Devo essergli sembrata un po' pazza (per non dire scoppiata), ma nonostante ciò si è subito instaurato un bel feeling, e se non avessi avuto altri ottomila incontri sarei stata tutto il giorno a chiacchierare con lui. 
Innanzitutto i "cenni storici". Francesco Targhetta, classe 1980, nasce a Treviso dove tutt'ora vive, studia Lettere a Padova e vi svolge il dottorato in italianistica, e per non farsi mancare niente vince pure un'assegno di ricerca sulla poesia simbolista italiana. Ha scritto due cose importanti: una raccolta di poesie, Fiaschi [ExCogita, 2009] e un fighissimo romanzo in versi, Perciò veniamo bene nelle fotografie [Isbn, 2012]. Adesso, come si legge sulla sua presentazione nella raccolta di poesie Le cose sono due, "è andato in loop e ha ricominciato a insegnare". 
Io mi presento a lui come totale capra, e gli chiedo quindi di farsi conoscere. Che approccio professionale, Bea! Francesco però è stranamente a suo agio, e inizia a raccontarmi di cosa pensa del panorama poetico editoriale italiano, ovvero che è in crisi. Taaaaac! Questo perché secondo lui, la poesia (che già di per sé non è che venda poi tanto) avrebbe bisogno di una certa cura e dedizione da parte degli editori; invece succede che viene pubblicato solamente chi è già conosciuto, delegittimando la poesia stessa. Il lavoro di Valigie Rosse è dunque di grande valore, perché parte dal principio di pubblicare solo due poeti all'anno, svolgendo un lavoro artigianale, umano, non da poco, e che fa la differenzaLa poesia è la forma in cui gli viene spontaneo esprimersi da quando, in terza media, ha cominciato a leggere le poesie di Gozzano e Corazzini (e qui mi sono dovuta trattenere tantissimo per non saltargli addosso ed abbracciarlo, perché via, i Crepuscolari, io li ho sempre amati fino alla commozione). Proprio per questo motivo ha scritto un romanzo in versi, con la prosa deve ancora fare pace.      


Dopo queste premesse io gli voglio già bene, e gli chiedo di raccontarmi della sua raccolta di poesie, perché desidero subito arrivare al punto e conoscere il suo mondo. I testi di Le cose sono due sono stati scritti dal 2009 al 2014, e solo quando Valigie Rosse lo ha contattato per il Premio Ciampi Francesco Targhetta ha cominciato a riguardarle e a dar loro la forma ideale. Il punto di contatto è dato proprio dall'entusiasmo intrecciato al "timore" di dare vita ad un libro "corto", ad una silloge. Non è stato facile creare una struttura per le sue poesie, perché era solito lavorare senza limiti di lunghezza. Le sue erano vere e proprie rime sparse, e ha dovuto anche escludere testi magari meglio riusciti, ma meno centrati con il tema che aveva deciso di dare alla raccolta.   
La prima cosa che immediatamente colpisce, però, è la copertina del libro, in cui campeggiano i negativi di una lampadina; la cosa buffissima è che il padre di Francesco era operaio in una fabbrica di lampadine, e quando la casa editrice gli ha proposto i vecchi lampadari come tema per le immagini, ci dev'essere stata una reazione tipo "pppaah, allucinazione immensa!" (magari un po' più elegante, questa sarebbe stata la mia di reazione). In ogni caso ne è stato molto felice, proprio perché i temi principali della sua raccolta sono il vecchio, la chiusura, l'isolamento, la solitudine, ben rappresentati dai vecchi lampadari delle nonne. La sua antologia si divide in due sezioni (da qui il senso del titolo): la prima è composta da sedici poesie, il cui tono prevalente è quello della solitudine, trattato in maniera più lirica, mentre la seconda parte, più narrativa, racconta piccole storie e affronta i temi della vecchiaia e della morte.
Io rispetto alla seconda parte mi sento un filo più vicino alla prima, e così gli chiedo di approfondire il tema della solitudine: mi dice che è trattato in modo in generale e che, appunto, come racconta in una poesia, le cose sono due: la sporadica botta di lucidità che ti arriva quando resti da solo con te stesso, e la tortura di pensieri che ingarbugliano la mente. Francesco Targhetta ha in sé entrambi i tipi di solitudine, quella necessaria e quella che invece finisce di essere un peso a livello sociale. Riflette molto sul senso di comunità che la società di oggi sembra aver smarrito, rincorrendo una sorta di egocentrismo sociale che è come un cane che si morde la coda. 
Ritorno allora alla socialità bisbocciona, e gli chiedo com'è andata la premiazione al Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno. Francesco mi confessa che è stato per lui molto emozionante l'abbinamento con la musica, e di grande impatto è stata soprattutto Tu no di Piero Ciampi. Aveva già avuto occasione di fare molte presentazioni con il romanzo in versi, ma per lui sono sempre momenti davvero emozionanti, perché si tratta di qualcosa di molto personale (io qui ho gli occhi a cuore). 
Per concludere la nostra intervista, mi do un tono e gli chiedo quali sono i suoi progetti per il futuro. C'è un romanzo nell'aria, ma sta facendo ancora un lavoro di perlustrazione: Francesco Targhetta ha bisogno di tempo, necessita di lentezza e che niente diventi forzato. Mi sembra una posizione meravigliosa, nonostante ciò non vedo l'ora di scoprire cosa ne verrà fuori. Perché mi sono presa mezz'oretta e ho letto le sue poesie, stampate sulla stupenda carta usata da Valigie Rosse, e boh, con l'aria fresca di novembre, la luce fioca, ancora un po' di mente annebbiata post Pisa Book... le sue parole mi hanno portata in un mondo piccolino, malinconico, sommesso ma estremamente vivo, un quotidiano che ti permette di farti domande e questa, come ben sapete, è una delle cose più grandi che secondo me la Letteratura è in grado di offrirti. 

Il mio consiglio è quindi di procurarvi al più presto una copia di Le cose sono due: non c'è stagione migliore dell'autunno per dedicarsi alla sua lettura. 
Ringrazio proprio tanto Silvia Bellucci che mi ha permesso di fare quest'intervista, e soprattutto Francesco Targhetta, che mi ha donato esattamente ciò di cui avevo bisogno. 

B.

lunedì 10 novembre 2014

#Pbf2014 - 7 novembre: Björn Larsson con Franco Cardini e Dacia Maraini con Joseph Farrell

Dopo aver importunato editori su editori, alle cinque, con fare elegante e disinvolto (...) mi sono recata in Sala Pacinotti per assistere all'incontro tra Björn Larsson e lo storico Franco Cardini. Entro in sala e il disagio è molto forte: l'incontro precedente non è ancora finito! E in più mi accorgo che il programma su internet e il programma cartaceo differiscono: scambi di sale ed orari che hanno destabilizzato un po' le persone. Il mio amico Francesco, che teneva un sacco a questo incontro, non l'ha trovato! E quindi il mio racconto è dedicato soprattutto a lui :-). 
L'occasione dell'incontro era la presentazione del libro illustrato Ivar e Svala: fratelli vichinghi, in cui "il rigore scientifico dell'autore [Franco Cardini] si abbina a sorprendenti illustrazioni curate da maestri delle immagini per bambini: le tavole di Lucio Villani [...] campeggiano in prima pagina, capaci di una forza narrativa pari o superiore a quella dei testi" [La Stampa]. Il volume fa parte della nuovissima e fiammante collana di Laterza Celacanto, creata per raccontare la storia ai ragazzi; avevo seguito con entusiasmo questa importante novità editoriale, e sentirne parlare dal vivo è stato proprio emozionante.
Franco Cardini infatti ha sottolineato la necessità di ricostruire il dialogo verticale tra generazioni: la cultura non è informazione, non è educazione, e nemmeno conoscenza. È invece la capacità di rimettersi in discussione. Così adesso lui lo fa parlando del mare: vorrebbe lasciare da parte autori che ama come Melville o Conrad; potrebbe parlare di Ulisse e mettere il Mediterraneo in primo piano... Gli è stato chiesto di cimentarsi invece con il Mare del Nord e dei Vichinghi, che è un tema oggi di grande attualità. Dopo aver ricordato l'impossibilità di pensare alla nostra cultura senza riferirsi all'acqua, Cardini passa la parola a Larsson, che, sollecitato dal dover scrivere la prefazione sulla letteratura marittima di un'edizione francese di Conrad, ha iniziato una ricerca sul mito del mare come fonte di ispirazione letteraria. Ciò di cui Larsson si stupisce è il fatto che vi siano un sacco di libri sul mare, ma per quanto riguarda la narrativa i nomi sono sempre i soliti: Conrad, appunto, e Melville, e Stevenson. Scrittori che invece si proponevano di raccontare la realtà, come Balzac o Zola, non hanno mai porti o navi nei loro libri: non esiste il proletariato di mare in letteratura (e io invece penso immediatamente ai Malavoglia, che infatti poi Cardini ricorderà). Si parla sempre di Ulisse, poi, come stereotipo del navigatore errante dei mari; ma lui è un soldato! Ha nostalgia di casa, naviga perché vuole tornarvi, non è un marinaio, è un pessimo marinaio! È quindi molto difficile trovare un gran romanzo di mare, come ci sono invece grandi romanzi della terra. Il mare non è luogo di lavoro nell'immaginario degli italiani, ma nemmeno degli stranieri: Maupassant navigava ma non ha mai scritto sul mare, così come Dumas. Rimane dunque un mistero il perché sul mare non esista una grande letteratura (su questo si era interrogata anche la rivista letteraria inglese Granta); una risposta che è stata data è il fatto che i porti siano stati ormai esclusi dalle città, e siano diventati stazioni veloci, puntuali, asettiche.


Franco Cardini riprende la parola, e ricorda il grande viaggio in mare verso l'Asia che Tiziano Terzani ha raccontato in Un indovino mi disse [TEA], ed io penso a quel gran figo di Jón Kalman Stefánsson (di cui ho parlato qui), che in Paradiso e inferno [Ipeborea] racconta una potentissima storia di mare ed amicizia. Insomma, questo incontro ha fatto girare tantissimo la ruota dei cricetini che abitano il mio cervello, e quindi ho annuito e fatto cenni di approvazione e disapprovazione, e sorriso consapevole e incuriosita. Tantissima roba (yo). 

E così, visto che ormai ero a sedere, e la Sala Pacinotti era gremita di persone per l'arrivo dell'Ospite d'Eccezione, sono rimasta a sentire anche un evento che non avevo preso in considerazione, e che invece si è rivelato meraviglioso: l'incontro tra Dacia Maraini e il Personaggio Rivelazione del Pisa Book Festival, Joseph Farrell.
Fonte: http://www.dellaportaeditori.it/autori/joseph-farrell/
Praticamente non vedevo l'ora di venire a casa per scoprire chi fosse costui, ed è presto detto: è professore emerito di italianistica presso la University of Strathclyde di Glasgow! Ma davvero? Ma ommioddio! 
La mia ignoranza non conosce limiti, ma grazie a questi eventi posso darmi un tono; praticamente lui è un mega esperto di cultura e teatro della Sicilia, è Cavaliere della Repubblica Italiana perché diffonde nel mondo l'amore per il nostro Paese, è un critico teatrale finissimo, è Vincitore del Premio Flaiano di Italianistica del 2013 e ha pure scritto un libro intervistando Franca Rame [Non è tempo di nostalgia, DellaPorta, 2013]! Ma soprattutto è un oratore nato, mi ha fatto schiantare dalle risate, quell'umorismo da sgomitate complici e testa all'indietro. Amore! 

Chiudiamo il momento fangirl e torniamo all'incontro in Sala Pacinotti. Come ho detto i lettori hanno salutato la madrina del Festival riempiendo la sala fino a scoppiare, ed hanno ascoltato incantati le parole di questa immensa rappresentate della Storia Culturale e Letteraria d'Italia. Il mio amico Joseph la definisce nomade, intellettualmente nomade. Lei si ritrova un sacco in queste parole, ed inizia a raccontare la storia della sua infanzia: il nonno scultore e fascista della prima onda, il padre antropologo ed il loro insanabile contrasto, segnato da un litigio in cui Fosco Maraini strappò davanti agli occhi del padre la tessera del fascio, uscì di casa e non vi fece più ritorno. Non volle più dipendere dal padre, e si trasferì a Fiesole, dove campava a stento. Dacia Maraini ricorda il suo sangue misto: madre italo-cilena, padre toscano-inglese, ed il suo essere sempre stata in viaggio; si considera quindi nomade, ma si considera italiana perché parla italiano. Perché la cultura di un Paese non è data dalla religione, né dai confini, né dalla bandiera: la cultura è lingua. E poi, nonostante abbia vissuto otto anni in Giappone, si considera europea quando viaggia (e qui mi volevo alzare e urlare "Anch'io Dacia l'ho sempre pensato!!! Cuori!" Però mi sono data un contegno e sono stata buona buona sulla mia seggiolina). 
La scrittrice racconta poi dei libri che c'erano nella casa di famiglia, l'unica loro ricchezza: erano talmente poveri che non si potevano permettere di comprarle un cappotto, indossava quello del nonno; non aveva il cappotto, ma aveva i libri. Ed anche la musica, la musica classica. Il discorso si sposta poi sulle dolorose memorie degli anni passati in un campo di concentramento in Giappone, e del successivo ritorno in Sicilia, che Dacia Maraini ha potuto conoscere prima che venisse attuata la rapina del territorio che ha deturpato questa terra meravigliosa, distruggendo in maniera irredimibile quell'incredibile bellezza. E racconta poi della mafia, che negli anni Sessanta era ancora un tabù linguistico, a conferma del punto massimo di presenza dell'organizzazione criminale in Sicilia.


E poi il racconto più bello: il suo essere, prima di una scrittrice, una lettrice: lettrice vorace, appassionata, che si è sempre portata dietro un libro per ogni occasione: da borsa, da tasca, da valigia: qualsiasi momento possibile è dedicato alla lettura, e il suo preferito in assoluto è quello del treno (cuoriabbestia). Successivamente viene il piacere della scrittura: Dacia Maraini ha un lettore ideale a cui si rivolge, chiunque abbia voglia di leggerla. Non si immagina però chi costui possa essere (bellina!). I suoi libri nascono spontaneamente, i personaggi si impossessano di lei e vogliono essere raccontati, le sue sono storie che germinano nella sua testa e piano piano si allargano, e devono essere scritte. Una volta creato, il personaggio va un po' per i fatti suoi (e qui Joseph Farrell con espressioni bellissime manifesta un po' di perplessità^^). Concludo con il commento di un'insegnante che prima di porgere a Dacia Maraini una domanda, le dice che con le sue parole «le ha fatto leggere l'ascolto». Meraviglia.

Si chiude così la prima giornata del Pisa Book Festival: carica di borse ed amore, faccio ritorno alla macchina distrutta ma raggiante, non osando neanche immaginare quello che mi riserveranno le giornate successive. E penso che sono esattamente dove vorrei essere, ed è il pensiero più felice del mondo. 

B.

domenica 9 novembre 2014

#Pbf2014 - 7 novembre: l'inaugurazione e l'incontro con gli editori

È ormai notte fonda, ma l’adrenalina non ne vuole sapere di scendere. La prima giornata del PisaBook Festival 2014 è stata piena, pienissima di eventi, editori, nuove scoperte, amici e “colleghi” ritrovati, biscotti e pizzette, cicchini e caffè, ma soprattutto di libri.
Per questo non voglio perdere nemmeno un secondo: ecco a voi Il Giorno 1, parte 1.


giovedì 6 novembre 2014

Meno uno al Pisa Book Festival!

Il karma non perdona, e questo lo sappiamo bene. Dopo una tre giorni a Venezia, di sole perfetto, scorci magnifici, mangiate memorabili, mi è sembrato giusto infatti farmi una tre giorni in ospedale. Vertigini & svarioni, instabilità posturale, mal di testa assassino. Il modo migliore per prepararmi al Pisa Book Festival insomma! Ma qui non stiamo mica a leggere Volo, quindi bando ai malesseri, rimbocchiamoci le maniche e stiliamo il programma perfetto. Alla fine sono sotto le coperte, fuori piove e il mal di testa sta lentamente passando, cosa voglio di più? 



Panico. Ma che programma meraviglioso hanno creato quest'anno? Ma è davvero il Pisa Book?!? A me i sali! Per non parlare del fatto che il Paese Ospite del 2014 è la Scandinavia... lacrime di gioia. 

La prima volta che sono stata a questa festa dell'editoria indipendente in versione pisana ero dietro al banchetto della Felici Editore: era il 2009, e stavo svolgendo il tirocinio formativo per l'università. Mi sembrava di essere un pidocchino, lì in mezzo a tutti quegli stand pieni di libri, e poi libri, e ancora libri. Ho portato scatoloni, sono stata in piedi ore ed ore, indossato magliette letterarie, fatto la promoter, mi sono sentita parte di un mondo meraviglioso. Negli anni ci sono ovviamente tornata, sempre con maggiore consapevolezza, di venerdì mattina presto, in solitaria, per godere al meglio ogni Casa Editrice, poter sfogliare con calma le ultime novità, comprare libri che non ho ancora letto, scambiare quattro chiacchiere con gli editori, e poi ritrovare gli amici, fumare una sigaretta al freddo, fermarmi un secondo e ritrovarmi a sorridere come una deficiente

Quest'anno ci vado in missione, più carica che mai, praticamente starò accampata lì fino a domenica; pian pianino, senza strafare (questo è per Madre), ma con la voglia di prendere tutto ciò che un evento del genere è in grado di dare a chi di libri vive

Vi prometto un reportage come si deve, liste di libri da comprare, foto carine e autunnali, qualche scoop e tanto ammòre. E se proprio non ce la dovessi fare... ricordatemi così :-). 

A prestissimo, e buon Festival!

B.  

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