mercoledì 4 febbraio 2015

10. William Trevor, Notizie dall'Irlanda

Mi rendo conto che all'inizio del Progetto, soprattutto, ho spesso cambiato i titoli proposti da Fofi a seconda del mio estro del momento e della disponibilità della biblioteca in cui lavoravo. Questo non vi sconvolge più di tanto, vero, vero? Ad esempio, in questo caso, l’Illuminato Goffredo ci proponeva, dello scrittore irlandese William Trevor, Leggendo Turgenev. All'inizio della suarecensione lo definiva però “Maestro del racconto”, e citava la sua raccolta Notizie dall'Irlanda. E allora, visto che ero ormai lanciatissima su quel fronte e che in biblio la raccolta era presente (su su in cima allo scaffale), ho inforcato la scala, sprezzante del pericolo, mi ci sono arrampicata e ho afferrato il polveroso volume edito da Guanda.



Ci sono storie che ti capita di leggere proprio durante la stagione giusta, e proprio quando sei dell’umore ideale per affrontarle. Talvolta penso che le parole si tramutino a seconda del tempo e del tuo stato d’animo, da quanto risultano calzanti in quel momento, e forse è proprio così. Fatto sta che i racconti di Notizie dall’Irlanda erano perfetti per un gennaio di disagio. Già in sé la forma del racconto, a mio modesto parere, è per sua natura la quintessenza del disagio. Non potrebbe essere altrimenti: avete voi memoria di un racconto allegro, simpatico, squillante e brioso? Io sinceramente no, a parte forse i Motti di spirito del buon vecchio Freud, ma questa è un’altra storia. Essendo io amante delle storie di disagio non potevo non essere amante del racconto, tantomeno di quello di Trevor. Che ti proietta in quattro e quattr’otto in un’Irlanda rurale, la vera Irlanda, pietrosa e dura, mani callose e screpolate, facce segnate dal vento, situazioni anacronistiche, ma un calore diffuso che in qualche modo riesce a emergere sempre.
Ho vissuto un anno a Dublino, e non è stato semplice. Avevo mitizzato la terra irlandese in maniera sproporzionata, nonostante avessi 21 anni i residui dell’adolescenza erano ancora tangibili, e niente, mi ero immaginata di vivere tutt’altra esperienza. Forse non sono stata fortunata, ma ho capito comunque molte cose in più, e ho potuto conoscere un Paese dall’interno, senza veli e senza affettazioni provocate dal mare che ci divide. E nei racconti di William Trevor ho ritrovato molte delle sensazioni che ho provato sull’Isola di Smeraldo. Le tredici storie sono ambientate nell’arco di diversi anni, e si distinguono tutte l’una dall’altra. Commoventi, crude, amare. Ho rivisto le campagne o le cittadine che ho conosciuto, e il carattere irish è ben presente, anche se mai spiattellato in maniera esplicita. Ma si tratta di una caratteristica tale che risulta assolutamente riconoscibile. Il lavoro di William Trevor è ammirevole, coinvolgente, profondo. Onesto, soprattutto. La sua scrittura lineare, tradizionale direi, si legge con calma e pacatezza: mi sono immaginata la sua voce come quella del narratore di Amélie, una voce fuori campo d’altri tempi che ti presenta le storie delle vite nei paesini di campagna più dimenticati di sempre, dove le ragazze sperano di trovare marito in una sala da ballo, o una famiglia di contadini è sopraffatta da una tragedia inimmaginabile e deve gestire l’invasione di giornalisti e televisione; ci sono preti che devono fronteggiare pecore smarrite e figli che devono capire i viaggi a Dublino del proprio padre, e ancora un breve racconto di formazione tra pancetta sfrigolante e birra scura, una bizzarra luna di miele in un albergo sperduto, un matrimonio volgare dove si percepisce chiaramente l’odore di Guinness e di sudore degli uomini irlandesi.


Insomma, un altro volume che mi ha coinvolto e in cui mi sono persa, e che quindi vi consiglio e per fare saggio di un solido e ormai raro modo di scrivere, e per fare un viaggio nella vera Irlanda, quella un po’ meno edulcorata e più terrosa, sincera, sferzata da un passato-disagio estremo. E anche per guardarsi un po’ dentro, perché è anche questo che fa la buona letteratura: ti fa avvicinare a parti di te che magari avevi riposto, o addirittura non avevi mai scandagliato. E quando chiudi le pagine, rimani qualche secondo sospeso, la mente un po’ frastornata, e dici “e insomma”. E un po’ sei diverso

  • Paese: Irlanda.
  • Prima edizione originale: 1986.
  • Data recensione Fofi: 18 luglio 2012.
  • Pagine: 270.
  • Periodo di lettura: 16-22 gennaio 2014.
  • Consigliato: abbestia.
B.

Nessun commento:

Posta un commento

Ti potrebbe anche interessare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...