mercoledì 8 aprile 2015

Fieramente indipendenti: il Book Pride di Milano

La scorsa settimana era primavera. Poi chiaramente c'è stato il fine settimana di Pasqua, e il freddo e il gelo sono tornati a flagellare le genti e le gite fuori porta. Io ne ho approfittato per un po' di letargo tardivo, per meditare sul senso dell'esistenza e per accumulare riserve di grasso per la bella stagione (ah dovrebbe essere il contrario? Fa niente). In tutto questo, non scrivo da un mese e mezzo. Aiuto. 



Insomma la scorsa settimana, a Milano, splendeva il sole e faceva talmente caldo da doversi togliere la giacca. Era venerdì 27 marzo e cominciava il Book Pride, "una fiera organizzata dal basso dagli indipendenti per gli indipendenti". Me la potevo perdere? Potevo io dalla Capitale non risalire e approdare fieramente all'edizione zero di questa fiera degli editori fieri? E così mi sono fatta una due giorni ai Frigoriferi Milanesi, due giorni un po' stralunati, dico la verità, ma il mio non essere in forma smagliante ha forse contribuito a rendere ancora più sognante ed incredulo l'effetto di questo nuovo esperimento. Il sole da una parte e le luci dei neon dall'altra, la zona d'ombra davanti all'ingresso, gli interni un po' labirintici, le sale conferenza dislocate, e un afflusso sempre maggiore di lettori e curiosi e di lettori curiosi.



L'inaugurazione della fiera è stata presieduta da Gino Iacobelli, dell'Osservatorio degli editori indipendenti (Odei), insieme all'Assessore alla Cultura di Milano, Filippo del Corno, ad Andrea Palombi (direttore editoriale di Nutrimenti, lo avevo intervistato al Pisa Book Festival), all'onnipresente Romano Montroni e a Pino Tripodi, scrittore e giornalista. Discorsi un po' disconnessi l'uno dall'altro, sintomo inequivocabile della difficoltà in cui si trova il libro oggi, dei diversi momenti in cui le persone che fanno cultura si collocano, delle diverse provenienze, delle distinte mete finali. 
Si sottolinea il lavoro durissimo svolto per mettere in piedi il Book Pride, nato da un momento d'incontro tra editori volto a coinvolgere tutta la filiera del libro, e soprattutto i lettori. 
Si evidenzia la necessità di mantenere in equilibrio la produzione del libro e la diffusione del pensiero. Le parole chiave sono bibliodiversità, emorragia di lettori, dati preoccupanti, futuro dell'editoria italiana, orgoglio, alleanza reticolare. Milano è al centro di un esperimento, è Città del Libro per il 2015, e vuole creare un forum permanente di lettori forti al prossimo BookCity, e vuole essere modello per altre realtà. Perché discutere di un libro aumenta il piacere della lettura, perché un libro riesce a porre una frattura nella propria esperienza quotidiana, perché mette in connessione diverse persone e diversi punti di vista, ampliando così le nostre conoscenze. 

Fonte: https://www.facebook.com/bookpridemilano/photos_stream.
Quella che scrive diligentemente sono io :)
Si fa capire che non è stato semplice arrivare a costruire una fiera indipendente. Che il lavoro di Odei è iniziato due anni fa per dar voce e immagine agli editori indipendenti, alla produzione editoriale di prima qualità. Che c'è bisogno di spazi di visibilità e di competere ad armi pari. E che qui si sta facendo il primo tentativo di dare una rappresentazione fisica a questo mondo. 
Si dice che la piccola editoria è come un cane da tartufo, ma che la diffusione passa attraverso i grandi gruppi. E che è necessario salvaguardarne l'esistenza per i lettori preparati. Smetto un attimo di scrivere, twitto questa ultima frase di Montroni, e rimango interdetta per un po'. Eh no!, mi dico poi. No, no, no! Io è questo a cui non credo, questo che non desidero, questo che voglio cambiare: la convinzione che gli editori indipendenti pubblichino solo testi difficili, ricercati, di nicchia, adatti solamente a determinate persone. Non è vero perdincibacco! Così al discorso un po' inflazionato di Montroni preferisco quello di Pino Tripodi, che fa una panoramica lucidissima su uno dei grandi problemi dell'editoria, ovvero il piegarsi dei librai alle leggi delle catene, che hanno del tutto stravolto il concetto di libreria e di trasmissione del libro, diventato un oggetto che occupa uno spazio, e null'altro. 

Esco un po' frastornata, mi fermo a parlare con Maurizio Gatti di O barra O, uno degli editori che ha ideato e organizzato, cui chiedo qualche ulteriore delucidazione: cosa c'è di diverso da Roma, ad esempio? Il fatto che qui nessuno, ma proprio nessuno a parte gli editori ha fornito un contributo finanziario, che siamo nella patria della grande editoria e riuscire a far risaltare i piccoli fra i giganti non è proprio semplicissimo, e soprattutto qui ingresso e gratuito (e niente editori a pagamento). Soddisfatta dalle chiacchiere parto per i miei giri tra gli stand. Mi rendo conto di quante cose siano cambiate in soli quattro mesi, dal Pisa Book, passando per Più Libri, arrivando qui. La consapevolezza ha spazzato via qualche unicorno, non certo l'entusiasmo. Andare a una fiera mentre stai facendo un corso di editoria ti apre dei mondi, te ne potrebbe chiudere altri, ma io ho il piede lì, in mezzo alla porta, so che rischio di farmi male ma è lo stesso, al momento non mi interessa. Perché riesco a vedere volti concentrati ed appassionati di uomini e donne che, in pratica, stanno conducendo una battaglia contro i mulini a vento, ma che comunque ci sono, sono presenti, ed è proprio il caso di dirlo, sono fieri di essere presenti. 

Mi aggiro tra gli stand degli editori più noti, saluto e bacio, sorrido e mi informo sulle novità, non ho più paura di prendere in mano i libri, di sfogliarli, di indugiare sulla quarta di copertina e poi di farmi raccontare trame e storie di autori da chi sta seduto dietro un banchino costato carissimo. A questo giro scopro Playground (Fandango Editore), casa editrice romana nata nel 2004 che si occupa principalmente di narrativa, e nello specifico di letteratura gay & lesbian. Non lo si percepisce però subito, e l'editore Andrea Bergamini è semplicemente editore appassionato. Mi guarda attento mentre scruto i libri presenti, noto con piacere più titoli di uno stesso autore, e mi conferma la loro scelta di dedicarsi all'opera intera di uno scrittore, di portare avanti un progetto, di farne tratto distintivo della casa editrice. Trovo davvero interessante questo modo di operare, concentrarsi sul lavoro intero di uno scrittore e non lasciare "orfani" i lettori. Dal loro catalogo spiccano Edmund White, scrittore americano contemporaneo molto apprezzato che ha scritto una tetralogia di ispirazione autobiografica, di cui Playground ha pubblicato i primi due titoli; Helen Humphreys, narratrice e poetessa canadese, di cui mi sono lasciata convincere a portarmi a casa Cani selvaggi: perché lo sguardo dell'editore cui brillano ancora gli occhi quando parla di un libro che ha pubblicato è una delle parti delle fiere che più adoro. E già che c'ero ho portato via con me anche L'uomo seme di Violette Ailhaud: mi sono ricordata infatti che l'Illuminato Goffredo ne aveva scritto molto bene su Internazionale, e se mi sono tornate in mente quelle cinque righe vuol dire che o Fofi è un genio del male, o il libricino/memoir è davvero clamoroso. Io credo a entrambe le cose, vi farò sapere!



Sabato mattina ho partecipato ad una conferenza molto impegnativa: la proposta da parte di Odei di una nuova legge sul libro, cui hanno partecipato diverse associazioni di editori e librai. Non mi sembra il caso di tediarvi con la cronaca della tavola rotonda, più che altro perché ci sto ancora riflettendo: si tratta di argomenti complessi, lunghi da sviscerare e che meritano abbondanti ricerche e sagge considerazioni. Posso commentare, per ora, solamente con un classico "c'è del disagio". Sono uscita stremata dalla Sala Ornitorinco, ho fatto incontri sorprendenti con vecchie compagne d'università e poi mi sono lasciata trascinare dal vortice delle tantissime (ma proprio tante tante tante!) persone che nel frattempo erano arrivate ai Frigoriferi Milanesi. Credo davvero che questo sia uno dei classici risultati sognati ma insperati: il successo evidente della prima edizione di una manifestazione così ardua da organizzare restituisce un po' di sorrisi ai banchetti delle case editrici, il sole aiuta abbestia e tutti sembrano felici e pieni di sacchetti colmi di libri.    


Questo il mio bottino:
  • Maria Barbal, Come una pietra che rotola, Marcos y Marcos. Già divorato. Per il progetto di lettura, ovviamente. Già lo anticipo: consigliato abbestia.  
  • Goran Tunstrom, Lettera dal deserto, Iperborea. Sempre della Lista Fofi, il prossimo. 
  • Yves Pagès, Ricordarmi di, L'Orma editore. Presto su questi schermi il racconto della presentazione alla libreria minimum fax di Roma, da non perdere :)
  • Helen Humphreys, Cani selvaggi, Playground.
  • Violette Ailhaud, L'uomo seme, Playgroung.
  • Villy Sorensen, Storie strane, Del Vecchio. L'avevo già adocchiato a Pisa, e a questo giro me lo sono portato a casa. E l'ho scelto per un compito del corso, non vedo l'ora di leggerlo e di lavorarci. 
Adesso direi che sono abbastanza rodata, e che posso già iniziare la preparazione atletico/spirituale per il Salone del Libro!

B. 

4 commenti:

  1. Io purtroppo me lo sono persa, per un contrattempo dell'ultimo secondo...
    "Ricordarmi di" l'ho letto, speravo di poter comprare qualcosa della Sur e dell'Iperborea, di vedere come sono alcune edizioni che non ho mai visto in libreria e che non mi fido di comprare su internet senza sapere come sono... e invece niente :(

    RispondiElimina
  2. Però ti ritrovo in forma smagliante!
    C'ero, inutile dirti il rammarico di non averti conosciuta. Ho saltato le conferenze, ho preferito gironzolare tra gli stand e conoscere alcuni blogger.
    A Torino non ci sarò, attenderò il tuo resoconto.

    RispondiElimina
  3. sempre entusiastica... grazie beaz!

    RispondiElimina
  4. Bea, quando torni a scrivere nel blog? E' così bello leggerti! Spero tutto ok ;-)

    RispondiElimina

Ti potrebbe anche interessare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...