venerdì 20 febbraio 2015

11. Christopher Isherwood, Un uomo solo

Quando ho letto la recensione di Fofi, lo dico in tutta onestà anche perché ieri il Mondo Cina ha festeggiato l'Anno della Capra, il buon Christopher Isherwood era per la sottoscritta un emerito sconosciuto. Mi interrogo spesso su queste mancanze, e le vivo pure un po' male. Certo, avrò letto da qualche parte il suo nome, ma non lo avevo mai incontrato nelle mie letture né tanto meno nei miei studi, cosa reputo a dir poco riprovevole. Così invece de La violetta del Prater dall'Immenso Goffredo recensita, ho voluto leggere quello che viene considerato il capolavoro di questo scrittore inglese, ovvero Un uomo solo, pubblicato da Adelphi. I miei spavaldi criceti nel cervello si sono allora messi in moto, e ho ricollegato il titolo al film di Tom Ford A single man, con quel gran pezzo di gnocco di Colin Firth, basato proprio sul romanzo di Isherwood. Film che ancora non ho visto, nonostante me lo fossi ripromessa più di un anno fa. Complimentoni. Dopo questo preambolo sullo stile mi pento e mi dolgo dei miei peccati, ne approfitto per conferire a questa recensione un tono più serio del solito, perché ho amato tantissimo Un uomo solo, e in maniera del tutto arbitraria mi sento di inserirlo nel filone dei romanzi dello stream of consciousness, che è il mio cavallo di battaglia. Rullo di tamburi, si comincia!


Il romanzo si svolge nell'arco temporale di una giornata, un giorno qualsiasi di George, professore universitario inglese che insegna a Los Angeles. George, omosessuale, vive immerso nel disagio: il disagio della perdita del suo compagno di vita Jim, il disagio di non appartenere alla comunità della perfetta famiglia americana di genitori che sembrano attori, con figli belli cane macchina giardino, il disagio di un corpo che deve fare i conti con gli anni che passano, il disagio dell'uomo di cultura che si chiede a cosa effettivamente servano i suoi sforzi intellettuali. E il modo in cui il narratore penetra nell'interiorità del personaggio per raccontare questo disagio è oltremodo commovente. Siamo in presenza di un romanzo che rende credibile come non mai l'esplorazione della coscienza in letteratura. E ciò avviene negli anni Sessanta, in un contesto accademico e non metropolitano, sulla West Coast, e quello che viene esplorato è il mondo di un insegnate gay, cosa che ovviamente all'epoca ha fatto molto scalpore e ha conferito a Un uomo solo la definizione di primo romanzo della letteratura omosessuale. E come tutti i romanzi dello stream, anche questo parte da eventi minimi, che mai però sono uno sterile elenco di fatti vuoti e banali come in tanti hanno voluto credere. Tutt'altro: è proprio da un punto di partenza apparentemente inconsistente (la mente che vaga, il soffermarsi sulle piccole azioni quotidiane) che il narratore scava in profondità nella vita del personaggio, e Christopher Isherwood lo fa in maniera esemplare. Raccontando la giornata di George, il narratore si insinua nella sua coscienza, riportando i suoi pensieri in maniera indiretta ma quanto mai stringente. Perché una cosa di cui mi sono molto preoccupata è il fatto che non per forza un romanzo del flusso di coscienza debba essere "difficile" o "illeggibile". Citando me stessa (erano anni che sognavo di farlo, abbiate pazienza, il blog è un pericolo per menti malate come la mia), sotto l'etichetta di stream of consciousness rientrano tutte le "modalità narrative in cui la coscienza, ovvero i pensieri, le percezioni, le sensazioni di un personaggio diventano protagonisti in un romanzo". E Un uomo solo si legge tutto d'un fiato, e si vorrebbe sottolineare ogni singola frase per riportarla su agende, quaderni, foglietti, perché ci dice sempre qualcosa che sentiamo essere indirizzato non solo a George, ma anche e soprattutto a noi stessi. Come in questa scena al supermercato: 
"Il supermercato è ancora aperto, chiude a mezzanotte. Brilla. Il suo alone di luce offre un riparo contro la solitudine e il buio. Puoi trascorrerci ore intere, in uno stato di incertezza sospesa, meditando su tutto quello che potresti mangiare. Dio santo, quanta roba. Dagli scaffali arriva un coro di suppliche, prendi me, prendi me; e la sola competizione di quei richiami può darti l'illusione di essere desiderato, persino amato. Ma attento, rientrando nella tua stanza vuota ti accorgerai che i piccoli demoni adulatori della pubblicità ti hanno beffato; in mano hai solo cartone, cellophane e cibo. E la fame, boh, è scomparsa".
Disagio a pacchi, come si suol dire. C'è molta America, in questo romanzo. L'America esplorata dai grandi scrittori, l'America della provincia, delle esistenze reiette, del vuoto intorno al grande sogno di libertà. Ed è straordinario che a raccontarcela, questa volta, sia uno scrittore inglese. C'è la grettezza dei vincitori e la meravigliosa essenza dei vinti, c'è uno sguardo attento, disincantato, lucido, c'è un senso di fine e di principio allo stesso tempo. Vi giuro che è uno dei romanzi più belli che io abbia mai letto, un romanzo breve, un racconto lungo, come volete. Un capolavoro della Letteratura del Novecento, da leggere e rileggere e leggere di nuovo, e ostentare con orgoglio nella propria libreria. Ok basta, ho finito!

In sintesi: 
  • Paese: Inghilterra
  • Prima edizione originale: 1964.
  • Data recensione Fofi: 27 marzo 2011.
  • Pagine: 148.
  • Periodo di lettura: 23-24 gennaio 2014. 
  • Consigliato: abbestia.
B.

 

5 commenti:

  1. Se può consolarti neanche io lo conoscevo prima di questo momento.
    Ora sono in quella fase di scoprire quella "tanta America" di cui parli e Adelphi. Ho sul comodino due libri di Peter Cameron ad aspettarmi.

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    1. Eh l'America e le sue contraddizioni ce l'ho nel cuore, non ci si può far nulla... Cameron mi ha un po' delusa con Un giorno questo dolore ti sarà utile, ma riproverò sicuramente perché me ne hanno parlato comunque bene. Non vedo l'ora di leggere cosa ne pensi tu!

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  2. Anch'io non l'ho mai letto, ma il tuo entusiasmo mi ha di nuovo colpita e convinta ;-)

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    1. Yeeeee! Tra l'altro poi è l'unico del Progetto di cui ho letto due libri, tra un po' (tanto) la recensione di Addio a Berlino, Ale, se vuoi inizia da quello, perché ti piacerà di sicuro sicuro! Un abbraccio :')

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  3. Segnato in wishlist e anche "Addio a Berlino", grazie! :)


    Valentina
    www.peekabook.it

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