domenica 22 maggio 2016

Leggere la Città - #lacittàdeldialogo, Pistoia, 7-10 aprile 2016 - Pt. 1



Da quando mi sono trasferita a Pistoia, non faccio fatica ad ammettere che la mia vita è cambiata. Questo capoluogo toscano fino a poco tempo fa misconosciuto e bistrattato pure dalla sottoscritta che ci è nata, pullula in realtà di eventi, manifestazioni culturali, iniziative, ristoranti, caffè, librerie, piazze meravigliose e scorci mozzafiato. Non per niente è stata designata Capitale Italiana della Cultura per il 2017, ma di questo parlerò più avanti. Dal 7 al 10 aprile Pistoia è diventata #CittàDelDialogo, ospitando la quarta edizione della rassegna promossa e organizzata dal Comune Leggere La Città
"Un totale di 60 ospiti e 40 appuntamenti, tra incontri, lezioni, mostre, passeggiate, concerti, spettacoli e laboratori. Il tutto, come sempre, coinvolgendo tantissimi luoghi della città. Quattro giorni, questi, che faranno di Pistoia la casa del pensiero urbano, per riflettere sul tema del dialogo, come fondamentale strumento per lo sviluppo democratico di una comunità" 
Secondo voi non mi ci sono tuffata di testa abbestia? Ho passato un fine settimana gioioso e festante, ascoltando interventi interessanti, scambi di opinioni, sfogliato libri sotto le logge, stalkerato ai limiti del legale l'Immenso Goffredo, mi sono goduta la primavera e ho fatto foto come se non ci fosse stato un domani. Se vi va, ecco le mie cronache :)

Venerdì 8 aprile 2016 


Ho preso il pomeriggio libero dal lavoro, ho fatto una merenda energizzante ed emozionata come quando da bambina si andava al mare, mi sono recata verso il Palazzo Comunale per l'incontro con uno dei miei miti viventi (Goffredo Fofi, chi altri sennò? L'ispiratore di codesto blog, il faro nel buio della letteratura contemporanea, il portatore sano di critica letteraria fatta a dovere, lo scopritore di nuovi talenti, il nonno di un'intera generazione di scrittori, l'omino col sorriso più dolce che ci sia. Ok basta, abbiate pazienza).  
Ore 17.00
Sale affrescate del Palazzo Comunale 
RITRATTO DI ANGELA ZUCCONI INCONTRO CON GOFFREDO FOFI 
Introduce Francesco Erbani
Nelle meravigliose Sale Affrescate del Palazzo Comunale sta per iniziare la conversazione tra Francesco Erbani e l'Illuminato Goffredo su Angela Zucconi, ovviamente per me una totale sconosciuta. Presto però il caro Goeffry mi donerà la sua saggezza, e verrò arricchita da una storia formidabile che sento di dover condividere con voi parola dopo parola. Se 'un c'avete pazienza, saltate pure all'incontro successivo, ma vi perdete qualcosa (anche perché questo speech contiene un sacco di meravigliosa gente defunta da cui si dovrebbe imparare ancora un monte di cose, diobino)!


Erbani inizia col raccontarci che Danilo Dolci, Angela Zucconi e Adriano Olivetti sono personaggi accomunati dallo stesso modo di concepire il mondo, un mondo, citando Fofi, minoritario. Sono pochissimi però ricordi dedicati ad Angela Zucconi. Castelvecchi ha ripubblicato il suo Cinquant'anni nell'utopia, il resto nell'aldilà, uscito per la prima volta nel 2000, con una nuova prefazione a cura di Goffredo Fofi. Si tratta di uno dei più bei libri di memorie private e pubbliche del secondo Novecento. La Zucconi è stata una letterata, traduttrice dal danese (!!!) e dal tedesco. Il primo incontro fondamentale della sua straordinaria vita è quello con un sacerdote, Don Giuseppe de Lucafuturo fondatore delle Edizioni di Storia e Letteratura. Con una borsa di studio sovvenzionata dal governo danese passerà un periodo in Danimarca, che rimarrà sempre un luogo centrale nella sua esistenza (e io qui praticamente mi sciolgo, e mi chiedo se anche la signora Angela si sia sbronzata come me con i soldi del governo danese, ma sinceramente lo escludo). Nell'immediato dopoguerra, grazie a Roberto Bazlen entrerà all'Einaudi, a Roma, insieme a Natalia Ginzburg, che è anche sua compagna di stanza. Lascerà poi la casa editrice per la costituzione del Movimento di Collaborazione Civica, seguendo la formazione degli assistenti sociali e mettendo a frutto la sua vocazione a costruire l'educazione civile. 

Ed ecco che prende la parola l'Adorato Goffredo, che ci offre una lezione sublime sulla storia del sociale in Italia e ovviamente sulla figura di Angela Zucconi. Intanto ci spiega che la storia delle iniziative sociali non riguarda solo il PC, la DC, le guerre tra classi sociali insomma. Si tratta di una Storia che è rimasta per molto tempo totalmente nell'ombra, poiché ci si concentrava sempre e solo sulla Storia politica. Il sociale era marginale, adesso invece ci sono un sacco di studenti che si laureano su questi argomenti e gli rompono le scatole...! Però è un buon segno: i Movimenti hanno ancora qualcosa da insegnare, adesso che c'è un'enorme piccola borghesia diffusa. Brancati diceva che i politici si devono occupare dei bisognosi e invece si occupano della gestione del potere, mentre gli intellettuali si devono occupare dei cretini per farli crescere intellettualmente. 



Quella italiana è una tradizione rimasta molto nell'ombra, che parte dal 1860 con la cosiddetta borghesia illuminata dalla forte componente socialista, che dall'Ottocento in avanti è andata crescendo. Hanno contribuito alla nascita di scuole popolari, e una figura come quella di Sibilla Aleramo è più famosa perché amante di Dino Campana che non per aver fondato con Giovanni Cena le scuole nell'agro romano. Sempre nell'ambiente socialista, un medico si è battuto perché il chinino diventasse di stato. Poi i cattolici, con Don Bosco: i Salesiani furono una componente fondamentale nella formazione degli operai, li preparavano alla vita urbana, a formare una coscienza alla classe operaia. Quindi:

  1. borghesia liberale 
  2. borghesia socialista 
  3. borghesia cattolica 

Angela Zucconi è alla confluenza di tutte e tre le componenti. Nasce come intellettuale, studiosa di Kierkegaard, amica di Don De Luca e di Bobi Bazlen, vero fondatore di Adelphi. Nel dopoguerra ci fu un grande convegno che durò intere settimane, a cui partecipò anche il ministro della ricostruzione, il comunista Emilio Sereni, in cui si posero le basi per un intervento sociale in Italia. Tra le persone di spicco c'è stata Maria Comandini Calogero: fu lei a lanciare uno slogan fondamentale per gli operatori sociali: aiutare gli altri perché si aiutino da soli. Un vero e proprio inno all'emancipazione, che fu introiettato molto bene dagli intellettuali del periodo. Poi c'era Maria De Unterrichter Jervolino, democristiana a cui tutti si rivolgevano per procurare denaro. 
La Scuola laica CEPAS, fondata tra gli altri Guido Calogero, aveva un'influenza nettamente segnata non solo da Olivetti, ma anche dagli americani, da quelli che erano intervenuti dopo la crisi del '29. Costruire dighe e ponti era sinonimo di progresso: una spinta fortissima che andava di pari passo con la ricostruzione, periodo d'oro della Repubblica, della democrazia, del voto alle donne e degli interventi sociali che hanno cambiato la società italiana. Qui gli assistenti sociali assumono un nuovo ruolo. C'era un discorso molto forte sul cosiddetto sviluppo di comunità. I ragazzi in situazioni di disagio venivano per esempio aiutati a inserirsi nella società... in quegli anni la parola chiave era comunità, poi sostituita dalla parola sviluppo, nuovo feticcio che guarda altrove. E nel lavoro di comunità Angela Zucconi era protagonista, così come nel risanamento dei Sassi di Matera, e del progetto Abruzzo e Molise. Importantissimo fu anche il Movimento di collaborazione civica animato da Augusto Frassineti, che organizzava tra le altre cose colonie estive a Villa Borghese per i ragazzini delle periferie. Tutta quest'area si è un po' persa con il miracolo economico, molti personaggi si sono trovati un po' spiazzati: Danilo Dolci, Luciano Bianciardi, Lucio Mastronardi, Pierpaolo Pasolini si sono uccisi, ed erano tutti contro lo sviluppo. Pasolini era anche contro il progresso, perché provocava mutazione del Paese. Negli anni '70 è definitivamente morta anche la speranza politica, e questo fu drammatico per il lavoro sul sociale, dove la sponda politica era cruciale: si litigava, ma si facevano delle battaglie, la dialettica sociale era molto forte, ora manca completamente



Angela Zucconi aveva il vantaggio, come altre donne, di essere molto colta. *Momento aneddoto*
"Una volta Moravia (uno a caso, tipo!) mi chiese cosa facevo, lavoravo al CEPAS con la Zucconi, risposi. Ah, disse lui, quella sciagurata che poteva diventare una grande scrittrice e invece ha scelto di occuparsi dei morti di fame!" 
Sicuramente, commenta l'Immenso G., in funzione di un super io molto forte. Paolo Volponi viene dal CEPAS, come Ottiero Ottieri. All'epoca l'Italia era molto povera, e non parliamo solo del Sud, ma anche del Veneto! Vi erano zone depresse in tutta Italia: l'alluvione in Romagna nel 1953 rivelò un mondo di miseria. Con Danilo Dolci, nel '58, ci fu un convegno sulle condizioni igieniche della Sicilia, dove vi erano fogne scoperte, un malessere sociale enorme. Questa spinta si è fermata con il boom economico. Il Sessantotto è stato una risposta alle mancate riforme del centro sinistra negli anni Sessanta, quando il capitale umano, la manodopera insomma, era a bassissimo costo, e dove ti muovevi c'era qualcuno a cui potevi fare riferimento. L'idea di tutti era quella di un futuro che potesse essere migliore del presente, ai giorni d'oggi invece l'entusiasmo per il futuro è nebuloso (e mi viene tanta nostalgia, poi penso che come mi disse Giancarlo Ferretti la nostalgia è pericolosa, e allora corrugo le sopracciglia e mi dico daje). 
Gli adulti sono i corresponsabili di questo disastro, mentre i giovani sono frastornati. Goeffry in tal proposito cita Quello che dovreste sapere di me. La parola ai ragazzi [Feltrinelli], lettere commoventi e straordinarie di ragazzi che nell'estate 2014 hanno partecipato a un raduno Agesci, piene di intuito, voglia di fare, che... sarà massacrata dagli adulti (ma Goffredo no!). E questi, continua G., tra dieci anni saranno coglioni come noi. Ecco allora, bisogna ripartire da qui, perché ormai l'ultima generazione intellettuali italiani ce la siamo giocata: artisti, poeti, responsabili nei confronti della civiltà italiana, che intervenivano nel dibattito ed erano ascoltati (come Sciascia sull'affare Moro...). C'era un ascolto, c'era un dialogo tra loro e la società. Fofi aveva una borsa di studio di Olivetti, gli voleva bene come a un babbo! 
"In Italia non ha vinto Olivetti, ha vinto Agnelli"
I soldi c'erano, si potevano fare le grandi riforme di struttura (Togliatti). Invece se li sono tenuti loro, il miracolo economico è stato fatto sulla pelle dei contadini meridionali emigrati al Nord. Una volta il  polemico G. ha litigato con Pasolini che diceva che gli operai non gli stavano simpatici. Il Sud era in rovina, la vecchia periferia stavano sparendo, diceva Pierpaolo... I giovani si inventavano cose... e Goffredo ribatté, ok alienazione e città grigia (Torino), ma almeno i bambini di fame non muoiono! Una volta a Gubbio i suoi amici si facevano raccontare le meraviglie mondo contadino da sua madre e lei rispose che avrebbe detto sempre un'orazione a quello che ha inventato i cessi dentro casa. E chiude facendo un'osservazione pungente: "mezza Italia vive di cultura, bisogna studiare questo fenomeno". A questo punto scatta forte l'applauso, e io mi trattengo dal far partire i cori da stadio. Faccio un po' di live stalking come da foto sottostanti, e me ne torno felicerrima e contenta nella mia dimora pistoiese, a riposarmi perché il week-end di Leggere la città è appena cominciato! 




B.

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