mercoledì 25 maggio 2016

Leggere la Città - #lacittàdeldialogo, Pistoia, 7-10 aprile 2016 - Pt. 2



Sabato 9 aprile


Riprendiamo le mie cronache del meraviglioso Festival pistoiese Leggere la città, perché sabato è stata una giornata densissima di eventi, incontri, importanti cose dette e sognanti riflessioni. 
Ore 12.30
Sala Maggiore Palazzo Comunale 
LA RESPONSABILITÀ DEL PUBBLICO NEI CONFRONTI DELL'ARTE.
INCONTRO CON TOMASO MONTANARI IN DIALOGO CON SAMUELE BERTINELLI
Intanto, l'atmosfera. Il tempo fa le bizze, fuori c'è ancora il mercato settimanale, ma la Sala Maggiore si riempie in un attimo. Io potrei andare già via contenta, nel senso, le genti ci sono! La cittadinanza risponde! Pistoia mi ama! Ok basta. Essimo serie, perché molto seria è stata la conversazione tra Tomaso Montanari e il sindaco Samuele Bertinelli. Intanto applausi per Montanari che esordisce con un "Pistoia è una delle città più belle del mondo", e si capisce immediatamente che non è una sordida captatio benevolentiae nei confronti del pubblico, più che conscio di questo fatto. Si tratta semmai della sponda per parlare di #Pistoia2017, ovvero il capoluogo toscano fino a pochi anni fa più bistrattato (bimbi io e i compagni della Consulta anno scolastico 2005/2006 eravamo presi per il culo anche dai colleghi di Arezzo e Grosseto, fate voi) designato niente meno che Capitale della Cultura per l'anno a venire. Montanari ha sottolineato un fatto molto importante, e cioè che Pistoia non offre né brand né slogan, bensì l'occasione di riflettere collettivamente sul buono che c'è, in modo di dare un senso all'essere Capitale della Cultura. E poi si chiede, e chiede: che cos'è, la Cultura? Tantantan! (Fa molto saggio breve della prova di maturità, ma non tergiversiamo). La Costituzione recita che la Repubblica deve promuovere lo sviluppo della cultura. La carta costituzionale ne propone quindi un'idea dinamica, che passa attraverso la ricerca di qualcosa sempre nuovo. Ad esempio i musei sono l'unico luogo dove venire a contato con la cultura di base, e questo è necessario, poiché le democrazie moderne non possono vivere senza la distribuzione della cultura. Questo è l'unico modo per essere cittadini sovrani, come tra l'altro insegna Luigi Manconi nel suo Corpo e anima [minimum fax, 2016], che verrà presentato nel pomeriggio (e io ovviamente non mancherò!). Quindi l'augurio di Montanari è che Pistoia possa essere capitale della sovranità. Qui si stringe il debole mio cuoricino, e nella testa riparte il mantra "la Bellezza salverà il mondo". Che ci volete fare. Sono una romanticona. 


Prende così la parola Samuele Bertinelli, che fa un ammonimento importante: l'azione deve tornare a corrispondere alla parola polis, la dimensione della comunità primigenia; questo è il primo punto di riferimento da esplorare. Il dibattito pubblico deve tornare ad essere connotato da principi fondamentali, come quello dell'obbedire all'etica della responsabilità. E su #Pistoia2017 afferma pugnante che non sarà una baracconata come un'altra, ma avrà la trama di una vicenda seria (e io qui inizio a provare amor patrio abbestia). Il progetto si muove, spiega, "in direzione ostinata e contraria" rispetto allo spirito dei tempi, poiché le principali linee d'azione erano già finanziate prima della vittoria. Si è fatto un investimento nella fioritura della democrazia, e le tematiche complesse non vengono trattate con istanze iper-semplificate: la pratica più lungimirante è la verità, continua Bendinelli, chiamare le cose con il proprio nome. Ed ecco che ho le guance che mi fanno male da quanto sorrido, perché a me sembra che ci sia tanta voglia di concretezza oltre che di belle parole, e non preoccupatevi che vi aggiornerò su tuttissimo, sarò la vostra inviata speciale di #Pistoia2017, prima durante e pure dopo, oh!


Si è dunque fatta una certa, ho fame, e raggiungo Il Mio Lui sulla Sala. Ci meritiamo un pranzetto all'aperto, precisamente alla Sala del Gusto, in compagnia di un'ottima boccia di rosato del contadino. Qui sotto l'impudica testimonianza. 



***

Dopo pranzo il buon Luke si ritira in casina, io invece gironzolo felice contenta e un po' brilla per le strade pistoiesi, faccio foto a caso e pure dell'insano shopping, per controbilanciare il pomeriggio culturale che mi attende. 
Ore 16.00
Sale affrescate del Palazzo Comunale

RITRATTO DI ADRIANO OLIVETTI - INCONTRO CON FRANCESCA LEDERIntroduce Francesco Erbani

Di questo incontro vi posso riportare solo l'energia che si percepiva dalle parole di Francesca Leder nel raccontare una vita straordinaria come quella di Adriano Olivetti, che più ne senti parlare più hai voglia di approfondirla, perché composta da infinite sfaccettature. Cosa che mi sono prefissata di fare acquistando Il vento di Adriano. La comunità concreta di Olivetti tra non più e non ancora, a cura di Aldo Bonomi, Marco Ravelli, Alberto Magnaghi [Derive e Approdi, 2015]. I libri ti aspettano. Wait for me, Adriano!

***



Un giro veloce e poi di nuovo al mio posto, all'incontro più atteso della giornata:

Ore 18.00
Sale affrescate del Palazzo Comunale
CORPO E ANIMA. SE VI VIENE VOGLIA DI FARE POLITICA
INCONTRO CON LUIGI MANCONI
Anche perché, gioia infinita, a introdurre Luigi Manconi c'era nuovamente il sublime Goffredo Fofi, ahhh! Christiam Raimo ha curato l'ultimo lavoro di Manconi, appena uscito per minimum fax: Corpo e anima. Se vi viene voglia di fare politica. Fofi si esprime, come sempre, per frasi che sarebbero da tatuarsi sulla pelle: "il compromesso non è una parolaccia, ma una necessità". E cita Amos Oz e invita al dialogo, perché è così che Luigi Manconi pratica la politica. E nel suo libro ci sono pezzi di vita intrecciati all'attività politica, dall'inizio alla fine spiega come la nostra politica parta da nomi e cognomi, forza e speranza, e da aspettative frustrate. E in questo dialogo con Fofi vengono affrontate le tematiche più disparate, e io sono incantata e vorrei che non finissero mai di parlare, e arriva anche il momento Giulio Regeni e mi vengono i brividi, mi verranno sempre come mi viene da piangere ogni volta che sento il nome di Carlo Giuliani o Stefano Cucchi. Su Regeni Manconi dice che "per la politica questo caso non è politica, mentre invece è ciò che più di politico c'è nel 2016". C'è spazio anche per la questione immigrati e rom: il suo pensiero è molto semplice e molto vero, perché, spiega, "è indispensabile tutelare i diritti di chi non si sopporta per tutelare i diritti dei nostri figli". E allora penso che Corpo e anima debba essere acquistato e letto da tutti, come ripasso sull'umanità e sul senso di appartenenza a un unico globo terracqueo. C'è anche spazio per un riferimento alla sua attività di senatore (è in carica dal 2013 nelle file del Partito Democratico): da quando è al Parlamento ha lottato e ottenuto l'istituzione della Giornata della Memoria dei Migranti, l'intrattenimento dei CIE (centri identificazione ed espulsione) da 18 a 3 mesi, e l'emendamento che limita il controllo dei lavoratori. Un esilissimo bilancio personale, commenta, che per lui però vale la sua legislatura. Awww. Vi riporto la citazione che solo di per sé varrebbe il libro, se non fosse che da quello che è emerso dall'incontro si tratta di un libro veramente ma proprio tanto necessario

Mi sembra perfino inconcepibile che qualcuno faccia qualcosa "per gli altri". Quel che faccio lo faccio per me, per essere in pace con la mia coscienza. Se desidero alleviar le sofferenze degli altri, dare agli altri una maggior dignità di vita, è perché le loro sofferenze mi fanno pena, le sento come mie, e la loro abiezione, il loro abbrutimento m'offendono: sento in loro offesa la mia umanità. 
[Ernesto Rossi, lettera alla moglie Ada, 15 ottobre 1937]
Nel frattempo mi ha anche raggiunto la Silvia, compagna di infinite avventure, compagna di sogni e di quotidiane rivoluzioni. Festeggiamo la carica che ci hanno dato i cari Goffredo e Luigi con un cocktail molto fashion, sempre per fare pari con la botta intellettuale appena ricevuta. Scende la sera, si infittiscono le chiacchiere, sono felice. 



***

Domenica 10 aprile

"La domenica mattina / voglio stare nel mio letto", cantavano giustamente i Matrioska (che fine hanno fatto? Qualcuno ha loro notizie? Mi mancano, uffa). Indi per cui me la prendo molto ma molto (ma veramente tanto) comoda, trascinandomi felicemente fino al tardo pomeriggio per assistere all'ultimo incontro di Leggere la Città, hastag la città del dialogo, che quindi chiude in bellezza con...


Ore 18.00Sala Maggiore Palazzo Comunale
SE IL SENSO DEL LIMITE FAVORISCE IL DIALOGOINCONTRO CON REMO BODEI Introduce Daniela Belliti
Come per Manconi, innanzitutto applausi per il buon vecchio Remo, che terrà la sua lectio in piedi, perché così si deve fare. Clap, clap, clap! Senza troppi indugi vi riporto meglio che posso ciò di cui ha parlato alla numerosissima e attentissima platea. Statement: il dialogo è fruttuoso. Non quello delle risse da talk show, dove entrano in gioco infime tecniche da interruzione: il dialogo è essere uniti insieme dalla forza stessa degli argomenti. Oggi politica e conversazione sono accomunate da una sorta di protervia, che si riassume nell'arte di avere ragione (a prescindere), by Schopenhauer. Non è che si dicano bugie, ma avviene la sostituzione dei fatti, si entra in una realtà parallela a causa della contemporanea tendenza allo storytelling (avversa ai pupilli del Santoni, e a lui in primis, come avrei scoperto di lì a poche settimane!). In questo modo i contenuti vengono camuffati, e cambia la percezione del discorso, della vita politica e della stessa democrazia, perché nelle storie spesso i discorsi di fanno sofistici; ciò ha un valore limitato, la persuasione si oppone alla retorica (in senso negativo). I mezzi di oggi sono impostati per fare credere agli altri cose incredibili, ed echeggia una delle massime mussoliniane: "credere, obbedire, combattere". Tutti i regimi totalitari hanno infatti conservato il potere con ministeri della propaganda, hanno plasmato il modo del sentire comune, facendo stretto filtro delle notizie. Certe conquiste però, curiosamente, non sono mai definitive: ci sono varie versioni dell'enciclopedia sovietica. Alla fine degli anni '20 Trotsky era rappresentato come un eroe, poi invece costretto all'esilio e ucciso. Stalin prende suo posto, nel '56 Krusciov denuncia i suoi orrori. Fino al crollo del muro di Berlino la dissoluzione dell'URSS è stata vissuta in maniera traumatica (e qui scatta la storiella ganza)
Pierino russo viene interrogato dalla maestra. "Chi è Trotsky?" "Un traditore!" "Stalin?" "Anche!" "E Krusciov?" "Pure!" "No Pierino!" "Scusi maestra, sono andato troppo avanti nel programma" [LOL]. 
Insomma, la politica è una storia di nascondimento della verità. 



La democrazia è un processo lungo: democrazia greca viene da demos, ovvero non tutti i cittadini, ma i più poveri; essendo i poveri più numerosi, la democrazia ha la sua ragione di essere nel numero, un concetto non di qualità ma di quantità, secondo il baldo Aristotele. Da Rousseau in poi il popolo ha bisogno di essere indottrinato, e fu necessario conciliare la qualità con la quantità. Si fece uno sforzo perché tutti i cittadini potessero partecipare alla vita pubblica. Nel '500 ci furono le guerre di religione, con la Riforma protestante si arrivò alla rottura della Chiesa d'Occidente: la religione si mischia con la politica e con l'economia, provocando sanguinosissime guerre. Nel 1572, il 23 agosto, la Lega Cattolica ammazza tremila Ugonotti calvinisti. Il re di Francia cerca una politica di mediazione, ma viene ucciso da un frate domenicano che aveva celebrato quaranta messe in cui la sua effige veniva incisa da spilloni... (ah!) Queste guerre durano fino al 1648, quando ci fu un congelamento della situazione: viene trovato un accordo. Agli inizi del '700 pari inglesi discutono gli affari di stato in pubblico: ciò è rivoluzionario, perché nel '500 la politica equivaleva a un segreto privato, gli affari di stato venivano discussi in circoli molto ristretti. I parlamenti inglesi proto-liberali sono quelli che rivendicano la politica pubblica. La democrazia diventa allora quel luogo in cui ciascuno può affermare il suo credo purché venga esercitato senza violenza, un'area neutra in cui tutti i contendenti hanno un'arena in cui discutere. Nella democrazia quindi non c'è relativismo, ma i valori devono essere compatibili. L'unico valore assoluto è la compresenza di più posizioni che dialogano fra loro, anche in maniera spigolosa, senza atteggiamenti di spartizione della verità; qualcosa che nasce dal dialogo di argomenti controllabili e di fatto inconvertibili. La democrazia dispone di strutture solide. 




Adesso che la politica è a uso esterno, cosa è cambiato rispetto al passato, in che senso dobbiamo porre limiti al discorso? Dobbiamo pensare alla comunicazione di massa, sia materiale (treni, aerei...) che immateriale (radio, televisione, internet...). Senza la radio il fascismo italiano non avrebbe potuto funzionare a dovere: la proclamazione di guerra nel '40 fu di grande impatto. la svolta è stata sicuramente la televisione di mass; in Italia arriva nel 1954 e porta dei cambiamenti nella vita di ciascun individuo. Tutti ci siamo accorti della caduta del Muro, nessuno della caduta delle pareti domestiche che una volta erano limite invalicabile rispetto all'esterno, la casa si opponeva alla polis. L'autorità era il pater familias, con la televisione le pareti diventano porose e la politica entra in casa cambiando il modo di farla. La tv ha addomesticato la politica: la porta in casa e crea il consenso. Come oggi si forzano gli ortaggi a crescere velocemente, allo stesso modo la televisione trasforma la casa in una serra per creare consenso. Cambiano spazi e modi, il politico deve sedurre attraverso un discorso piacevole. Ovviamente il primo è stato Berlusconi: la tv serve a cogliere il consenso di chi è meno attivo in politica, mamme, nonne, zie. Gli slogan sostituiscono un discorso più articolato.
Nel campo della nostra comunicazione politica, siamo in grado di avere dei dialoghi con i cittadini? Homo videns: la vista è sintetica, dà impressione più forte che dura nel tempo. Non si sta demonizzando la tv, che è un elemento domestico. Vi è una sorta di mitologia sulla tv, ma quello che conta sul piano politico e personale è: dobbiamo accontentarci di una sorta di eguaglianza di tutte le opinioni? O l'ideologia è diventata così potente che ognuno rimane delle sue opinioni nonostante ogni evidenza? Qualsiasi ragionamento di tipo soltanto argomentativo è debole: uno invece di ragionare si schiera subito. Che fare, allora? Anche una cosa giusta deve avere un impatto emotivo, non freddo. Come se quando si prova sete, invece di bere si leggesse la composizione h2o. Non basta un ragionamento corretto, bisogna smuovere le convinzioni degli altri. La maggior parte di noi pensa a strati pregressi, come le barriere coralline. Ma l'errore di chi usa la mitologia è che alla lunga i loro discorsi cadono, anche se in periodi di crisi attecchiscono. Il modo più ragionevole di dialogare è quello di rendere la vita più sicura. Spinoza era molto colpito da Masaniello: quando c'è l'incertezza gli uomini giocano al lotto, sperano e tremano. Spinoza dice che solo quando la vita diventa più sicura si possono abbandonare le mitologie.
E comunque, "l'interiorità dopo un po' fa la muffa, il dialogo è un modo per ossigenare la mente". Grazie Remo. Ma proprio grazie abbestia. Esco dal comune un po' più ricca, dopo questa tre giorni di dialoghi tra persone... come dire... di pensiero strutturate. Un po' retrò, gente che si fa voler bene, che dice cose belle, allucinante. Raggiungo Luke e ci facciamo un mega hamburger alla Degna Tana, degnissima conclusione di Leggere la Città. 



E ora, non vedo l'ora che arrivi il fine settimana, perché ci sono i Dialoghi sull'uomo! Vai ora!

B. 

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