lunedì 4 aprile 2016

Merritt Tierce, Carne viva

Questa è la tipica recensione che ti fa stare per minuti con le mani sulla tastiera senza riuscire a scrivere niente, tante sono le cose che ci sarebbero da dire. Perché da una parte in realtà non vorrei dirvi proprio un bel niente, se non leggete assolutamente questo libro, dannazione! Ma dall'altra il mio dovere da bookblogger mi costringe a sbrodolarvi addosso le sensazioni di un romanzo assurdo per quanto è bello, e quindi vado. 



lunedì 28 marzo 2016

Jean-Dominique Bauby, Lo scafandro e la farfalla

Un librino pieno di poesia per questa pasquetta chiaramente uggiosa. Poesia di cui abbiamo sempre più bisogno in questi tempi che tendono al buio, e dove almeno i libri ci riportano un po' di luce. Lo scafandro e la farfalla di Jean-Dominique Bauby [traduzione di Benedetta Pagni Frette, Ponte alle Grazie, 2007] è una di quelle storie che leggi con il sorriso sulle labbra, talvolta amaro, talvolta gioioso, talvolta malinconico, talvolta sognante. Ho voluto leggerlo parecchi anni dopo aver visto il film che ne è stato tratto, diretto da Julian Schnabel, del 2007 (il libro è di dieci anni prima), vincitore del premio per la miglior regia al 60° Festival di Cannes.


La situazione: io la Eli e l'Annina ci troviamo a Nottingham, Nottinghamshire, nel febbraio del 2008, per festeggiare la prima sessione di esami all'Università (ora dire università è una parola grossa, dato che noi abbiamo fatto LEP^^) e per leggere nella pace della campagna inglese l'ultimo libro di Harry Potter, dopo la promessa di non toccarlo durante lo studio per gli esami. Stiamo male lo so ma ci vogliamo bene per questo. Ebbene, a Nottingham conosciamo un baldo giovane russo che lavora nell'ostello dove alloggiamo, e oltre a sbronzarci insieme con del vino sudafricano di dubbio gusto una sera siamo pure andati al cinema tutti insieme allegramente, "no bimbe vi giuro questo film è una figata dobbiamo assolutamente vederlo". E così ci ritroviamo in un minuscolo cinema a piangere copiose lacrime e ad ammirare una storia delicatissima, poetica e appunto commovente. E il libro non è ovviamente da meno, dato che è scritto proprio dal protagonista della storia, Jean-Dominique Bauby, direttore di Elle negli anni Novanta, colpito da un ictus, caduto in coma profondo e risvegliatosi in "quella che la medicina anglosassone ha giustamente battezzato locked-in-syndrome: paralizzato dalla testa ai piedi, il paziente è bloccato all'interno di se stesso, con la mente intatta e i battiti della palpebra sinistra come unico mezzo di comunicazione". Un uomo che conduceva una vita sfrecciando a mille all'ora, ora si ritrova a Berck, il comune francese sul mare dove è ricoverato e dove trascorre una nuova vita dentro il suo corpo tramutatosi improvvisamente in pesante scafandro, che talvolta "si fa meno opprimente, e il pensiero può vagabondare come una farfalla". 
Un "viaggio immobile", quello di Bauby, in cui però 
C'è tanto da fare. Si può volare nello spazio e nel tempo, partire per la Terra del Fuoco o per la corte di re Mida. Si può fare visita alla donna amata, scivolarle vicino e accarezzarle il viso ancora addormentato. Si possono costruire castelli in Spagna, conquistare il Vello d'oro, scoprire Atlantide, realizzare i sogni di bambino e le speranze di adulto. 


Bauby, morto poco dopo aver pubblicato il suo libro, è riuscito a mettere a punto un sistema di comunicazione particolare, che si basa sul battito di ciglia dell'unico occhio che riesce a muovere. Una volte per sì, due per no, e grazie all'alfabeto recitato secondo l'ordine di frequenza della lingua francese riesce a comporre frasi compiute, sbloccando momentaneamente la granitica immobilità in cui è costretto. In questo modo, con l'aiuto della sua assistente Claude Mendibil, riuscirà a dettare tutti i paragrafi del suo sorprendete romanzo. Immaginazione, ricordi, angosce, paure, speranza, ma soprattutto Bellezza. Quella Bellezza che nella vita quotidiana ci appare troppo spesso lontana e irraggiungibile, ma che basta pochissimo per riafferrare
Ho adorato viaggiare. Per fortuna ho abbastanza immagazzinato nel corso degli anni abbastanza immagini, esalazioni, sensazioni per poter partire nei giorni in cui da queste parti un cielo color ardesia impedisce ogni prospettiva d'uscita. Sono degli strani vagabondaggi. L'odore stantio di un bar newyorkese. Il profumo di povertà del mercato di Rangoon. Pezzi di mondo. La notte bianca e ghiacciata di San Pietroburgo o l'incredibile incandescenza del sole a Furnace Greek nel deserto del Nevada.
Un libro importante, delicato come una farfalla e pesante come uno scafandro, che ci ricorda che non è necessario aspettare la fine per renderci conto di approfittare sempre, e abbestia, di qualsiasi meraviglia che il mondo ci riserva. Anche quando si pensa di aver toccato il fondo, il punto di ritorno, l'abisso più buio. No. C'è sempre il modo di risalire. Se ha potuto farlo Jean-Do, lo possiamo fare anche noi.
Buona scampagnata a tutti, che la pioggia non ci fermi!

B.  

   

giovedì 17 marzo 2016

Miguel Bonnefoy, Il meraviglioso viaggio di Octavio

Questo 2016 mi sta riservando delle immense gioie letterarie. Avevo adocchiato da tempo questo gioiellino targato 66thand2nd, la casa editrice con il nome più impronunciabile dell'intero panorama editoriale italiano :). Avevo poi letto la recensione di Marina (e di lei ci si può fidare abbestia), e alla mia visita alla libreria Gogol di Milano ho pensato bene che il momento di portarmelo a casa fosse giunto. E il mese scorso l'ho finalmente letto. E leggere questo libro vuol dire veramente farsi un regalo grande. Vuol dire ricavarsi un giaciglio sotto la rigogliosa vegetazione tropicale e dire al mondo voi andate avanti, io poi vi raggiungo. Ah ok magari le coordinate! Sto parlando del libro d'esordio di Miguel Bonnefoy, Il meraviglioso viaggio di Octavio [traduzione di Francesca Bonomi, 66thand2nd, 2015]. Intanto LA COPERTINA. Tutto in maiuscolo, perché se lo merita. Semplicemente perfetta. Preziosa. Che inizi a leggere e sei già contento proprio. E poi beh, se vogliamo scendere nei dettagli da disagio, adoro pure la font che usano, e la carta (Fedrigoni Old Mill), ma insomma andiamo al sodo.   

martedì 8 marzo 2016

Henrik Ibsen, Casa di Bambola - #8marzo

Domenica scorsa sono stata, con quella meraviglia di mia sorella, al Teatro Manzoni di Pistoia, mia città natale e mia neo-città attuale, a vedere Casa di Bambola di Ibsen.

Il buon vecchio Ibsen
Ho conosciuto Ibsen a diciannove anni, durante il corso di Letterature Nordiche tenuto dal professor Clausen, durante il primo anno di Università pisana. E chiaramente mi sono innamorata. Ma abbestia proprio. A quell'omone barbuto che ha rivoluzionato la drammaturgia ottocentesca ho voluto un gran bene sin da subito, così come al suo massimo studioso italiano, il professor Franco Perrelli, che ho avuto il privilegio di ascoltare al Convegno di Studi Scandinavi nel lontano 2009. Lacrimuccia e andiamo avanti. 
Così, in questo dì di festa dedicato alle mulieres, ho pensato bene di tirarvi un pippone allucinante proprio sulla lungimiranza, l'immensità e la profondità di Henrik Ibsen, e sulla figura di Nora, protagonista di Casa di Bambola, datato, notate bene, 1879.

venerdì 4 marzo 2016

Paolo Cognetti, New York Stories: presentazione a L'Amico Ritrovato, Genova.

***AVVERTENZA***
Post luuuuuuungo lungo, ma pieno di tante tante cose interessanti 
(e soprattutto pieno di ammòre!)




Premessa 

In un febbraio molto incasinato, tra malattia, trasloco, lavoro, pioggia, compleanni e Carnevale, ho pensato che fosse giusto aggiungere pure una piccola gita di due ore all'andata e due al ritorno in quel di Genova, scatenando in Madre stupore misto a rassegnazione per avere una figlia fuori di testa. Il motivo di tale incosciente decisione? Semplice: Francesca Marson, la padrona di casa di Nuvole d'Inchiostro (conosciuta per caso al Salone del Libro in un momento non esattamente esaltante della mia esistenza), aveva organizzato per venerdì 26 febbraio un incontro semplicemente imperdibile. Non solo l'adorato Paolo Cognetti avrebbe parlato della sua antologia di racconti New York Stories, ma il suo interlocutore sarebbe stato Mario Capello, e Marco Peano si sarebbe occupato di leggere parti della raccolta. E lo scenario di tutto questo, una piccola libreria indipendente. Potevo io mancare? Potevo io farmi sfuggire l'occasione di incontrare nuovamente questi tre scrittori meravigliosi? Potevo io perdermi un pomeriggio dove si parlava di letteratura americana??? Giammai! E così mi sono messa a bordo della mia Fiestina, e bella bella ho raggiunto Genova e L'Amico Ritrovato, ho riabbracciato Francesca, mi sono goduta la libreria che piano piano si riempiva, ho chiacchierato sorriso curiosato tra gli scaffali accarezzato abbestia Lucky (il fido cane di Cognetti) e poi finalmente mi sono data una calmata, mi sono seduta, e mi sono fatta stregare ancora una volta dalla magia della letteratura. 




venerdì 26 febbraio 2016

Kent Haruf, Benedizione

Coast to Coast 2013


Prendete una nuova casa editrice fighissima, aggiungete uno scrittore americano apprezzato abbestia ma sconosciuto in Italia, mescolate con una cittadina immaginaria, la storia di una famiglia, una caldissima estate in mezzo alla sconfinata pianura. Unite una scrittura senza fronzoli e l'incanto di piccole esistenze, e otterrete un romanzo a dir poco meraviglioso. 
Si tratta di Benedizione di Kent Haruf [traduzione di Fabio Cremonesi, NN Editore, 2015], volume facente parte della Trilogia della pianura. In realtà Benedizione è l'ultimo libro della trilogia, ma la casa editrice ha voluto pubblicarlo per primo come segno di un inizio romantico della loro avventura. Qui potete trovare tutta la storia, e vi straconsiglio di leggerla :). 



Chiaramente la sottoscritta con un libro del genere ci va a nozze. L'avevo adocchiato al Salone del Libro 2015, nel meraviglioso stand NN, purtroppo però in quel periodo non ero esattamente in me, ma ho rimediato a dicembre acquistandolo alla libreria Gogol & Company di Milano (sognavo di andarci da un sacco!), con la benedizione, è proprio il caso di dirlo, del libraio, che mi ha guardata negli occhi dicendomi "Oh. Questo è spettacolare". E io tutta gongolante ho detto siiiiiiiiiiiiii lo so devo leggerlo abbestia!!! ...Ho capito dalla prima pagina che lo avrei amato alla follia. D'altronde è stato uno dei casi editoriali del 2015, e sta continuando ad esserlo, scatenando una vera e propria #harufever. Il motivo è semplice: Haruf ti prende alla sprovvista catapultandoti nella cittadina di Holt, nella vita di Dad Lews e della moglie Mary, e ti rapisce fino all'ultima pagina. La trama è arricchita dai vari personaggi che gravitano intorno all'uomo che sta vivendo la sua ultima estate, dai ricordi belli e dai rimpianti per le cose che avrebbero potuto andare diversamente. C'è delicatezza, c'è la luce calda di luglio, ci sono sporadici acquazzoni, strade polverose, la tipica immobilità americana, la città di Denver che se ne sta lontano, un figlio perduto, una bambina ritrovata. A me ha ricordato molto Elizabeth Strout, quella provincia di esistenze minime che riescono però  a destabilizzarti e a parlarti direttamente. L'emozione che provo a sfogliare di nuovo le pagine di questo romanzo è tangente, mi soffermo sui nomi e sorrido, mi cullo nella consapevolezza di avere già pronto sul comodino Canto della pianura, il secondo libro della trilogia. 
E poi le mie mani si fermano a pagina 178, capitolo 29. Dovrei trascriverlo tutto per farvi capire la rara bellezza che Haruf è riuscito a descrivere in queste pagine. Tre donne e una bambina, il caldo del mezzogiorno, vestiti leggeri, un pranzo in cortile, chiacchiere felici, il torpore pomeridiano, una nuotata nell'abbeveratoio delle mucche. La perfezione. Con lo sguardo sognante, il consiglio che posso darvi è molto molto semplice: leggete Haruf abbestia!

B. 

sabato 6 febbraio 2016

Michela Murgia, Chirú

Natale. Il magico momento in cui, sazi in modo imbarazzante e immorale, si scartano i regali con il resto del parentado. Da lontano scorgo un pacco dalla chiara forma libresca arrivare nella mia direzione. Grande zia! Mi getto festante sul dono, lo scarto brutalmente e... scopro che si tratta dell'ultimo libro di Michela Murgia, Chirú [Einaudi, 2015]. Chiaramente non riesco a nascondere il disagio che adombra il mio volto, e la zia preoccupata mi chiede - Non ti piace? Io l'ho divorato, è bellissimo! ...no zia, è che ho avuto dei problemi con Accabbadora [Einaudi, 2009], ma ci hanno già pensato le anziane del gruppo di lettura in biblioteca a tirarmi le orecchie. - Dai, prova a leggerlo, poi fammi sapere che ne pensi. Ok cara




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