martedì 11 novembre 2014

#Pbf2014 - 8 novembre: intervista a Francesco Targhetta

Questo post è dedicato a come è iniziata la mia seconda giornata al Pisa Book Festival, ovvero con l'intervista al vincitore del Premio Ciampi-Valigie Rosse 2014, Francesco Targhetta (sì, lo ho intervistato proprio io, io! Muahahahah). 

Intanto mi sveglio dopo ben quattro ore di sonno, faccio colazione parlando di libri (curioso) con uno sconosciuto ma delizioso inquilino della casa dove sono ospite, mi preparo e mi butto fuori casa: c'è un accenno di solicino, evviva! Mi sparo a manetta il Cd Tamarro Autunno 2014 (il tesoro mio e di mia sorella) e mi precipito verso il Palazzo dei Congressi, dove praticamente mi catapulto allo stand di Valigie Rosse (ne ho parlato qui!), getto le mie cose per terra, mi lascio cadere sulla sedia e mi preparo alla chiacchierata con Francesco Targhetta. Devo avergli fatto un'ottima prima impressione (...). Praticamente Francesco Targhetta è il mio opposto: una persona posata, seria, calma e pacifica. Devo essergli sembrata un po' pazza (per non dire scoppiata), ma nonostante ciò si è subito instaurato un bel feeling, e se non avessi avuto altri ottomila incontri sarei stata tutto il giorno a chiacchierare con lui. 
Innanzitutto i "cenni storici". Francesco Targhetta, classe 1980, nasce a Treviso dove tutt'ora vive, studia Lettere a Padova e vi svolge il dottorato in italianistica, e per non farsi mancare niente vince pure un'assegno di ricerca sulla poesia simbolista italiana. Ha scritto due cose importanti: una raccolta di poesie, Fiaschi [ExCogita, 2009] e un fighissimo romanzo in versi, Perciò veniamo bene nelle fotografie [Isbn, 2012]. Adesso, come si legge sulla sua presentazione nella raccolta di poesie Le cose sono due, "è andato in loop e ha ricominciato a insegnare". 
Io mi presento a lui come totale capra, e gli chiedo quindi di farsi conoscere. Che approccio professionale, Bea! Francesco però è stranamente a suo agio, e inizia a raccontarmi di cosa pensa del panorama poetico editoriale italiano, ovvero che è in crisi. Taaaaac! Questo perché secondo lui, la poesia (che già di per sé non è che venda poi tanto) avrebbe bisogno di una certa cura e dedizione da parte degli editori; invece succede che viene pubblicato solamente chi è già conosciuto, delegittimando la poesia stessa. Il lavoro di Valigie Rosse è dunque di grande valore, perché parte dal principio di pubblicare solo due poeti all'anno, svolgendo un lavoro artigianale, umano, non da poco, e che fa la differenzaLa poesia è la forma in cui gli viene spontaneo esprimersi da quando, in terza media, ha cominciato a leggere le poesie di Gozzano e Corazzini (e qui mi sono dovuta trattenere tantissimo per non saltargli addosso ed abbracciarlo, perché via, i Crepuscolari, io li ho sempre amati fino alla commozione). Proprio per questo motivo ha scritto un romanzo in versi, con la prosa deve ancora fare pace.      


Dopo queste premesse io gli voglio già bene, e gli chiedo di raccontarmi della sua raccolta di poesie, perché desidero subito arrivare al punto e conoscere il suo mondo. I testi di Le cose sono due sono stati scritti dal 2009 al 2014, e solo quando Valigie Rosse lo ha contattato per il Premio Ciampi Francesco Targhetta ha cominciato a riguardarle e a dar loro la forma ideale. Il punto di contatto è dato proprio dall'entusiasmo intrecciato al "timore" di dare vita ad un libro "corto", ad una silloge. Non è stato facile creare una struttura per le sue poesie, perché era solito lavorare senza limiti di lunghezza. Le sue erano vere e proprie rime sparse, e ha dovuto anche escludere testi magari meglio riusciti, ma meno centrati con il tema che aveva deciso di dare alla raccolta.   
La prima cosa che immediatamente colpisce, però, è la copertina del libro, in cui campeggiano i negativi di una lampadina; la cosa buffissima è che il padre di Francesco era operaio in una fabbrica di lampadine, e quando la casa editrice gli ha proposto i vecchi lampadari come tema per le immagini, ci dev'essere stata una reazione tipo "pppaah, allucinazione immensa!" (magari un po' più elegante, questa sarebbe stata la mia di reazione). In ogni caso ne è stato molto felice, proprio perché i temi principali della sua raccolta sono il vecchio, la chiusura, l'isolamento, la solitudine, ben rappresentati dai vecchi lampadari delle nonne. La sua antologia si divide in due sezioni (da qui il senso del titolo): la prima è composta da sedici poesie, il cui tono prevalente è quello della solitudine, trattato in maniera più lirica, mentre la seconda parte, più narrativa, racconta piccole storie e affronta i temi della vecchiaia e della morte.
Io rispetto alla seconda parte mi sento un filo più vicino alla prima, e così gli chiedo di approfondire il tema della solitudine: mi dice che è trattato in modo in generale e che, appunto, come racconta in una poesia, le cose sono due: la sporadica botta di lucidità che ti arriva quando resti da solo con te stesso, e la tortura di pensieri che ingarbugliano la mente. Francesco Targhetta ha in sé entrambi i tipi di solitudine, quella necessaria e quella che invece finisce di essere un peso a livello sociale. Riflette molto sul senso di comunità che la società di oggi sembra aver smarrito, rincorrendo una sorta di egocentrismo sociale che è come un cane che si morde la coda. 
Ritorno allora alla socialità bisbocciona, e gli chiedo com'è andata la premiazione al Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno. Francesco mi confessa che è stato per lui molto emozionante l'abbinamento con la musica, e di grande impatto è stata soprattutto Tu no di Piero Ciampi. Aveva già avuto occasione di fare molte presentazioni con il romanzo in versi, ma per lui sono sempre momenti davvero emozionanti, perché si tratta di qualcosa di molto personale (io qui ho gli occhi a cuore). 
Per concludere la nostra intervista, mi do un tono e gli chiedo quali sono i suoi progetti per il futuro. C'è un romanzo nell'aria, ma sta facendo ancora un lavoro di perlustrazione: Francesco Targhetta ha bisogno di tempo, necessita di lentezza e che niente diventi forzato. Mi sembra una posizione meravigliosa, nonostante ciò non vedo l'ora di scoprire cosa ne verrà fuori. Perché mi sono presa mezz'oretta e ho letto le sue poesie, stampate sulla stupenda carta usata da Valigie Rosse, e boh, con l'aria fresca di novembre, la luce fioca, ancora un po' di mente annebbiata post Pisa Book... le sue parole mi hanno portata in un mondo piccolino, malinconico, sommesso ma estremamente vivo, un quotidiano che ti permette di farti domande e questa, come ben sapete, è una delle cose più grandi che secondo me la Letteratura è in grado di offrirti. 

Il mio consiglio è quindi di procurarvi al più presto una copia di Le cose sono due: non c'è stagione migliore dell'autunno per dedicarsi alla sua lettura. 
Ringrazio proprio tanto Silvia Bellucci che mi ha permesso di fare quest'intervista, e soprattutto Francesco Targhetta, che mi ha donato esattamente ciò di cui avevo bisogno. 

B.

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