domenica 9 novembre 2014

#Pbf2014 - 7 novembre: l'inaugurazione e l'incontro con gli editori

È ormai notte fonda, ma l’adrenalina non ne vuole sapere di scendere. La prima giornata del PisaBook Festival 2014 è stata piena, pienissima di eventi, editori, nuove scoperte, amici e “colleghi” ritrovati, biscotti e pizzette, cicchini e caffè, ma soprattutto di libri.
Per questo non voglio perdere nemmeno un secondo: ecco a voi Il Giorno 1, parte 1.


Dopo essermi rifornita dalla Fornaia di Fiducia, mi sono fatta un viaggio meraviglioso Borgo-Pisa, intervallato da alberi in fiamme che mi facevano emettere urletti di gioia tipo ogni tre secondi. Si parte bene. Al Palazzo dei Congressi tutto ha ovviamente inizio con l’Inaugurazione in Sala Pacinotti, alle 11.00 (molto più che meno). La sala è piena e in trepidante attesa, io tiro fuori il mio taccuino e mi preparo al discorso delle istituzioni, che devo dire a questo giro è stato interessante e pieno di spunti tutt'altro che convenzionali. Lucia della Porta, direttrice del festival, ha rotto il ghiaccio spiegando il tema dell’edizione 2014: Libri senza frontiere. Non solo perché il Paese Ospite si fa in tre (è il grande Nord, Danimarca, Svezia e Norvegia), con varie altre incursioni (corse e africane); ma anche perché la volontà è quella di spezzare le frontiere tra generazioni. Attraverso la lettura è infatti possibile collegare il grande con il piccolo: diffusione e condivisione sono le parole chiave di questa edizione del Festival.
La parola passa poi a Marilù Chiofalo, assessore alle politiche educative del Comune di Pisa, in rappresentanza del sindaco Filippeschi assente per altri impegni istituzionali. Del suo discorso, molto sentito e appassionato, mi ha colpito soprattutto il suo ricordare che il libro, in qualunque sua forma, è quell'oggetto in cui si incontrano storie, che siano personali o collettive, di popoli interi, di mondi lontani, fantastici; incontri che «in nessun modo e in nessun altro modo noi potremmo vivere».
Claudio Pugelli, presidente della Fondazione Pisa, ha ricordato come Pisa sia una delle iniziative editoriali più importanti d’Italia, insieme a Torino e Roma (e questo l’ho sentito dire anche da un paio di editori in un’altra occasione, della serie allucinazione immensa, invece è proprio così – moto d’orgoglio toscano!). Molto bella la collaborazione che si è instaurata tra il Festival e la Fondazione Palazzo Blu: il presidente Cosimo Bracci Torsi ha ripercorso la storia di questo incontro, sottolineando poi l’importanza dell’apertura del Festival nei confronti di Paesi più o meno grandi, che non può che fare bene agli italiani che fanno fatica a guardare più in là del proprio giardino. A Palazzo Blu fino al 15 febbraio ci son le mostre Amedeo Modigliani et ses amis, e Le Fiabe in Blu, con gli acquarelli che Fabian Negrin ha creato per la nuova edizione de Le Fiabe di Andersen (Donzelli). Io non vedo l’ora di andarci!
La chiacchierata inaugurale prosegue con un momento emozionante ma soprattutto ganzissimo: il Consigliere Esecutivu chargé de la langue corse Petru Ghionga fa il suo discorso nella sua lingua d’origine, il corso appunto! Nessuna traduzione, solo il piacere di abbandonarsi a suoni totalmente altri (vocale u come se non ci fosse un domani) cercando di carpirne il significato. Io ho capito che una cosa a cui teneva molto far comprendere è che la Corsica non è solamente fatta di sole, mare e buon cibo, ma anche e soprattutto di cultura, e la sua speranza che questa collaborazione con l’Italia possa essere duratura.




E poi è il momento di Romano Montroni, il Presidente del Centro per il Libro e la Lettura. Il suo discorso ha toccato moltissimi punti cardine dell’attuale dibattito sulla situazione del libro in Italia; Montroni ha quel modo di parlare che ti fa pendere dalle sue labbra, con gli occhioni a cuore e le mani sudaticce (ebbene sì). Particolarmente toccante la sua riflessione sulla frontiera, notoriamente uno spazio chiuso, conosciuto da chi sta dentro ma sconosciuto da chi sta fuori. Nella letteratura senza frontiere, invece, ciò che avviene è la diffusione di conoscenza. In questo un ruolo fondamentale è quello del traduttore, che solamente adesso sta iniziando ad essere veramente riconosciuto. La traduzione secondo Montroni è una forma di liberazione, una nuova possibilità, una nuova sensibilità, e non un atto meccanico. La sua è una visione poetica ma anche molto logica: la traduzione è infatti l’incontro con il diverso per eccellenza. «La traduzione è la lingua dell’Europa», scriveva Umberto Eco, ed è proprio così, un dialogo tra Paesi diversi, per una crescita culturale comune. Il Centro del Libro ha ben presente l’importanza della traduzione, ed è dotato di una banca dati a cui si può liberamente accedere ed inserire il proprio curriculum: in questo modo si può attuare lo scambio culturale fra editori e traduttori. Un'altra loro importante iniziativa è quella della rete delle città del libro, che ha come obiettivo lo scambio e il coordinamento delle varie iniziative che si propongono di far fronte all'«emergenza civile e culturale» del nostro Paese, attraverso una comunità che si auto-regolamenta, un centro di coordinamento permanente. Infine il discorso di Montroni si concentra sul grande disagio dell'italiano che non legge: non è questo però un buon motivo per arrendersi, anzi! Deve essere ciò che ci spinge a fare di più. Il Centro ha contribuito con la bellissima iniziativa Libriamoci (tenutasi il 29, 30 e 31 ottobre scorsi), una lettura ad alta voce in tutte le scuole d'Italia, in cui è stata coinvolta tutta la filiera del libro. Un'iniziativa, al suo primo anno di vita, che ha dato buonissimi frutti (anche e soprattutto per merito dei tanti volontari che vi hanno aderito) e che verrà quindi ripetuta: la scuola è infatti il punto di partenza fondamentale per il collettivo librarsi (quest'ultimo pensierino da elementari è mio. Mi sono dilungata un sacco, ma credo si sia capito che sono argomenti che mi toccano proprio nel profondo del mio cuoricino. Momento diabete finito^^). 
Ed infine tocca all'ospite internazionale più atteso del Festival, lo scrittore svedese Björn Larsson (edito in Italia ovviamente da Iperborea), che ci parlerà del suo amore per la Letteratura... in italiano. Ebbene sì, perché siccome voleva comunicare un sacco con i suoi lettori, ha pensato bene di imparare la nostra lingua... Oh, Björn! 
Per farvi capire quanto sia amato, vi racconto dell'incontro per caso con la libraia Chiara Argelli della Libreria Roma di Pontedera, che era appena riuscita a parlare, appunto, con uno dei suoi scrittori preferiti. Il suo era un entusiasmo incontenibile (al Pisa Book mi sento meno sola!), e mi ha detto con voce squillante quanto i libri di Larsson fossero importanti nella sua vita: Chiara è stupita da come riesca a raccontare storie d'avventura da adulti, a ricreare certe atmosfere, perché è qualcosa che soltanto i veri, grandi scrittori riescono a fare. Mi trasmette così la bellezza del dire grazie a chi da lontano partecipa alla tua felicità.
Tra le varie cose fighe che ha detto, c'è quella che nel dialogo bisogna saper diventare l'altro, bisogna prendere il rischio del confronto. La letteratura non deve essere documentario, bensì deve immaginare la realtà, altre possibilità di vita, interrogare l'idea che il domani sia come l'oggi. Con la letteratura si possono immaginare tutti i mondi possibili, e gli scrittori devono aiutare in ciò i lettori. Per questo si augura che i lettori possano sempre conoscere nuovi autori: per lui il fatto che un libro sia "quello di cui tutti parlano" è infatti una ragione sufficiente per non leggerlo! (amore). E qui al Pisa Book Festival dobbiamo tutti partire alla scoperta di un nuovo autore, intraprendere un'avventura per scoprire libri che valgano la pena di essere letti (brividi). Infine, il suo ideale di letteratura: quella che unisca un bello stile, ma anche qualcosa di importante da dire, una letteratura allo stesso tempo romantica e realistica nel senso che ci ha spiegato. Applausi, gioia, sorriso a trentadue denti. Con questi imperativi categorici, sono davvero pronta per iniziare il Mio Festival!

E così mi precipito immediatamente alla scoperta di un nuovo editore, dove in realtà so che troverò una cara amica nonché ex compagna di avventure in tempi di tesi, Silvia Bellucci, che si occupa dell'ufficio stampa di Valigie Rosse. Questa meravigliosa realtà editoriale nasce nel 2010 come costola poetica del Premio Ciampi; l'altra sua colonna portante è invece il Centro Psichiatrico Basaglia di Livorno. Pubblica ogni anno, con cura e un grande lavoro di ricerca, un autore italiano (già pubblicato) e un autore straniero (inedito in Italia ma già conosciuto e apprezzato all'estero). La cosa proprio bella è che si tratta di una casa editrice no profit: al suo avvio si è imposta un'autotassazione con cui finanziare la prima uscita, e ad oggi conta dieci titoli di poesia, tre di narrativa e due in altre collane. Silvia mi dice che più che una casa editrice, Valigie Rosse si considera una collezione di libri: ogni volume è infatti un "oggetto prezioso", la poesia viene stampata sulla migliore carta in circolazione, in quattrocento copie tutte numerate (cuori). Per la narrativa, stampata in cinquecento copie, mi colpisce tantissimo l'ultima uscita, Cimettolafaccia di Costanzo Ferraro. Avevo seguito il crowdfunding organizzato affinché questo libro potesse venire alla luce, ed è bellissimo vederlo ora stampato e fiammante sul loro banchetto. Si tratta di una storia realmente accaduta, e lo so che Silvia me l'ha raccontata con tanta passione, ma siccome mi sono portata a casa il libro ve ne voglio parlare non appena me lo sono letto tutto. Dico soltanto che non vedo l'ora di farlo. Qualche altro titolo che mi ha colpito: 
  • Le cose sono due di Francesco Targhetta, vincitore del Premio Ciampi 2014; 
  • Il bambino mammitico, di Giacinto Conte (nella collana Gli asteroidi, che cerca di dar voce a storie decisamente fuori dall'ordinario, realtà disagiate ma dalle quali è sempre possibile ricavare la bellezza, accompagnata dalla musica di grandi autori - in questo caso una "nota" di Claudio Lolli);
  • Melaviglia. Il sogno della bambina talpa, di Stefano Miani e Valerio Nardoni (nella collana di libri illustrati Beauty case. Una favola onirica da zero a novantanove anni che racconta di una talpa che scava tra le nuvole, con i disegni di un'illustratrice miope che disegna senza occhiali, con risultati, vi assicuro, sorprendenti). 
  • Ho visto il film di Dario Pontuale (primo titolo della nuova collana Fuoricampo. Pontuale è un critico romano che per anni ha portato in giro per scuole e biblioteche i ritratti dei grandi libri classici, spiegando perché sono diventati tali. Ha poi donato i diari di questo viaggio a Valigie Rosse, permettendo di creare un libro che vedo già come una nuova piccola bibbia - ha anche il titolo d'oro!). 


Insomma, quello che ho respirato in questo stand è la voglia incredibile di fare qualcosa di bello, di qualità, passin passino ma con grande grinta e determinazione, senza trascurare alcun aspetto che possa rendere il libro oggetto dignitoso e che resti nel tempo. Bravi, bravissimi!


E dopo l'editoria di ricerca, mi sono spostata verso uno stand che espone copertine bellissime, e un signore affabile e pacifico ha accettato la mia richiesta di fargli qualche domanda; è così che ho conosciuto Maurizio Gatti, editore di O barra O. Casa editrice di Milano attiva dal 1998, hanno un duplice sguardo verso il mondo: si rivolgono ad Occidente e raccolgono libri di saggistica, con autori che propongono un nuovo modo di pensare la complessità della realtà contemporanea. Chiedo al signor Maurizio un titolo su tutti che rappresenti questa collana (agli-estremi dell'Occidente), e mi indica senza indugio La crisi senza fine di Myriam Revault d'Allonnes, che ci fa capire senza mezzi termini che la crisi esistenziale che viviamo al giorno d'oggi non è un processo che finirà. Guardando ad Oriente, invece, oltre alla saggistica troviamo la narrativa. La casa editrice (che è stata la prima a portare la letteratura coreana in Italia) seleziona quei romanzi e racconti che sappiano trasmettere l'amore del Paese di provenienza dell'autore. La collana in-Asia raccoglie titoli da India, Cina, Corea, Thailandia, Birmania, Cambogia, ed è effettivamente il punto di riferimento per la letteratura asiatica in Italia. Chiedo allora al signor Maurizio di consigliarmi un bel libro, e gli fornisco le mie parole chiave: disagio, famiglie in rovina, sradicamento. In un batter d'occhio allunga la mano e mi porge La carta non può avvolgere la brace di Rithy Panh, autrice cambogiana che "registra i frammenti di un dramma che coinvolge circa trentamila donne cambogiane costrette a vendere il proprio corpo per sfuggire alla miseria, donando loro un nome, un volto e infine la parola". Perfetto. Mio!


Infine, qualcosa di davvero coraggioso e indispensabile: La città sradicata. Geografie dell'abitare contemporaneo. I migranti mappano milano. Si tratta di un progetto urbanistico che David Linch ha riproposto per Milano: si fa disegnare ai migranti di primo approdo la mappa di Milano, in modo da proporre agli urbanisti il problema del ripensare la città. Un progetto editoriale che spero davvero possa proseguire al meglio. Ringrazio tantissimo Maurizio Gatti per i consigli, la gentilezza da signore d'altri tempi, la complicità di uno sguardo durante la frenesia del Festival. Momenti di bellezza e sorrisi.

Da Milano a Roma: incontro Andrea Palombi, direttore editoriale di Nutrimenti. Questa casa editrice, che conosco per aver letto un romanzo bellissimissimo che un giorno recensirò (L'angelo di pietra di Margaret Laurence) nasce nell'autunno del 2001: il primo libro esce poco dopo l'11 settembre, e tutti pensavano che fosse una follia lanciare un nuovo progetto editoriale in quel momento di infinito disagio. Invece è più forte l'idea che i libri siano veri e propri nutrimenti, non un optional, ma qualcosa di necessario per capire e crescere (cuoricuoricuori). La loro linea editoriale si suddivide in tre settori principali: la narrativa, la saggistica ed il mare, sia come racconti che come testi tecnici. Quest'idea, che mi ha colpito tantissimo per la sua specificità, nasce e da una passione personale, e da un'effettiva domanda dal pubblico. Questo a dimostrazione dell'importanza di cercare di ritagliarsi pezzetti di mercato peculiari, in modo da navigare in acque più o meno sicure (le battute sceme sono tutte mie, anche se è superfluo sottolinearlo^^). La narrativa si divide in due collane principali, Greenwich, che si propone di ricercare una letteratura di qualità con un filone di innovazione, creatività linguistica e formale; Tusitala (nome con cui gli indigeni chiamavano Stevenson, il narratore di storie), dove le avventure, le esplorazioni e i resoconti di viaggio la fanno da padroni. Tra i titoli che Andrea Palombi mi segnala, ci sono quelli di Domenico DaraGiovanni Cocco, Percival Everett


Io mi porto via Fuga dal paradiso di Diana Abu-Jaber, "un grande affresco familiare sullo sfondo di una camaleontica Miami". Il signor Palombi mi ha capita subito!

Infine faccio un giretto un po' casuale tra gli stand, e mi accorgo di indugiare talmente tanto su quello di CartaCanta Editore che decido di fare qualche domanda alla scoperta di questa realtà a me sconosciuta. Mi fa accomodare (ricordiamoci che tre giorni fa non mi reggevo in piedi!) una ragazza con un mega sorriso e gli occhi che brillano: è Chiara Ferri, che sta svolgendo lo stage presso la casa editrice di Forlì, e che non vede l'ora di farmi conoscere il loro lavoro. CartaCanta nasce a Forlì nel 2009, e si occupa sia di narrativa straniera che di narrativa italiana, di cui raccoglie i titoli nella collana I Cantastorie. Per la saggistica invece c'è la collana Scripta manent. Chiara, essendo un'interprete, ci tiene un sacco a farmi capire l'enorme lavoro di traduzione che sta dietro ogni libro, soprattutto nel caso di Jenny e altri imprevisti di Jincy Willet, una raccolta di storie di donne raccontate con il tipico humor americano così difficile da rendere nella nostra lingua. La difficoltà è soprattutto quella, infatti, di trasmettere la cultura del Paese d'origine a quello d'arrivo. Questi racconti me li sono accaparrati immediatamente, perché danno voce "all'assurdo della cultura americana". Yeah! Non ho nemmeno resistito a La meccanica dei ruoli, il primo romanzo di Alice Malerba, classe 1982, in cui si affronta il tema del rapporto sorella/fratello. 


     

Di donne, passione e devozione per ciò che si ama: l'incontro con Chiara è stato come mettersi un attimo in pausa e rendersi conto di quanto grande e bello è il mondo. Seguirò CartaCanta Editore abbestia!

Adesso mi tuffo di testa nel letto. Domani (oggi) è già l'ultimo giorno e sono già malinconica... oh Bea! Buonanotte, buongiorno. 

B. 

2 commenti:

  1. Insomma, un primo giorno ricco. Mi piace che hai dato rilievo alle case più piccole.
    Attendo altre cronache e di vedere il tuo bottino.

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    Risposte
    1. Sì, conoscere nuove realtà editoriali e approfondire quelle già note era quello che mi premeva di più! Eheheh, al bottino ci arriveremo alla fine... preparati a prendere un colpo!

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