giovedì 27 novembre 2014

Daniel Krupa, Serpenti

La doverosa premessa (tantantan)

Con il post di oggi inizia la mia avventura delle "Recensioni indipendenti". Ci sono le case editrici indipendenti, le librerie indipendenti, i negozi di dischi indipendenti, i caffè indipendenti, e quindi io ho deciso che anche le mie recensioni si blasoneranno di tale definizione. Quindi: parallelamente al Progetto di Lettura, sto leggendo dei libri che mi sono stati o gentilmente inviati/consegnati spontaneamente da Case Editrici, o che a seguito di segnalazione ho richiesto personalmente. Lo faccio con tutta l'onestà intellettuale possibile, per puro e semplice amore per la lettura e per la soddisfazione che questo mio piccolo progetto mi sta dando ogni giorno di più. Credo non ci sia molto altro da dire. Io ho messo le mani avanti (e il naso tra le pagine), *sapevatelo!



Ora posso occuparmi davvero della prima , ufficiale Recensione Indipendente: sto parlando di Serpenti dell'argentino Daniel Krupa, il nuovo nato in casa Caravan Edizioni. La casa editrice è una piccola realtà di Roma nata del 2010, e si occupa principalmente di viaggio e di identità culturale. Lo fa proponendo classici dimenticati ed esordienti promettenti, che scrivono dall'America del Sud, dall'Europa dell'Est e dall'Africa. Un'idea molto carina è quella di rendere davvero tascabili i loro volumi, in modo da poterli mettere sempre in valigia e partire con loro per il prossimo viaggio. Già qui mi ero onestamente innamorata della loro linea editoriale, spulciando il catalogo mi è venuta voglia di leggere tutti i libri che hanno pubblicato, e quando mi è stato inviato il pdf di Serpenti ho fatto i salti di gioia. 
In sole 100 pagine, Serpenti è riuscito a farsi leggere sempre con il sorriso sulle labbra, e non sono riuscita a lasciarlo, l'ho divorato in un pomeriggio. E ci sono alcune delle tematiche che adoro di più, ma che soprattutto ho studiato ed amato, e quindi credo sia doveroso condividerle con voi. Mi capita spesso di ritrovare, nei libri che leggo, i temi affrontati ai meravigliosi corsi di Teoria della Letteratura del professor Stefano Brugnolo, ma in questo caso tutto il romanzo non faceva altro che farmi esclamare parole chiave una via l'altra: "contagio!" "going native!" "incontro con l'altro!" "provincia!". Ok, ora la smetto di fare la pazza e cerco di raccontarvi di cosa sto parlando. 
Serpenti è un racconto a scatola cinese: la narrazione infatti inizia con un capitolo-premessa intitolato Zoo, in cui il protagonista, che conosciamo con il suo soprannome, Fanta, rimembra il motivo che l'ha spinto a trascorrere un pomeriggio allo zoo, e più di preciso a visitare un luogo "in cui sa che la cosa migliore che potrà trovare è la porta d'uscita", ovvero il rettilario. Perché Fanta soffre di ofidiofobia: ha una paura folle dei serpenti. Da principio è stato mosso dal semplice ricordo del posto più strano dove ha fatto sesso, quando anni prima rimase chiuso in quello zoo con la fidanzata; da questo ricordo ne scaturisce un altro, che avrebbe in realtà voluto dimenticare, e che poi sarà sviluppato nella narrazione dell'intero romanzo: l'assurdo viaggio a Misiones con gli amici Seco e Polonio.
Cominciano così i veri capitoli di Serpenti, che si snodano sinuosi come rettili, e in cui si susseguono le tragicomiche avventure dei tre tardo-adolescenti. Quello che all'inizio può sembrare un po' un libro per ragazzini, è in realtà un potente viaggio di formazione, calato magistralmente nel polveroso paesaggio sudamericano. Daniel Krupa ci fa immergere in un mondo dimenticato, lontano, che di anni Novanta (il viaggio risale al 1995) ha ben poco. Si tratta di quella sensazione di straniamento provocata dalle cose vecchie, come lo sono gli oggetti della casa dove abiteranno i tre ragazzi, appartenente alla famiglia di Polonio e ferma agli anni Settanta: un vero e proprio "museo domestico". Il viaggio per raggiungere l'abitazione è già di per sé un'avventura, e mentre si trovano su un taxi sgangherato con i finestrini bloccati, i tre sono assorti dai loro pensieri: Fanta "comincia a interrogarsi sui pericoli di un paesaggio che, man mano che avanzano, diventa sempre più selvaggio". Per stemperare un po' la tensione, una volta arrivati i ragazzi si dedicano ad una partitella di calcio, ma hanno a disposizione solo un pallone sgonfio; poco importa, perché "c'è nel calcio qualcosa di tribale, arcaico, irrazionale, necessario. [...] Praticare una leggera catarsi. Era questa l'idea latente di quella partita estemporanea, vacua, fugace". Nella quale però, il disagio avrà la meglio: Fanta infatti si farà male all'alluce di un piede, con tanto di sollevamento dell'unghia e fatale esposizione ai germi che brulicano nella estancia

Fonte: pagina Facebook di Serpenti

Nel secondo capitolo si scopre che il protagonista è anche un lettore in erba, ed ha una mania che io condivido con lui (come condivido con lui il bruxare la notte, io con queste coincidenze letterarie ci muoio!), quella di curiosare avidamente nelle biblioteche altrui, piccole o grandi che siano. Dopo la parentesi libresca, i tre decidono di andare in paese a far provviste. Hanno a disposizione un mezzo a dir poco grottesco, una vecchia Citroneta ferma da anni. Dopo discussioni varie sui rituali tribali del luogo, rimedi per scacciare i serpenti e approvvigionamento estremo di carburante, il viaggio può avere inizio, ma Seco, che ha mangiato frutta calda e non lavata, risente della sua sfrontatezza e delizia gli amici con rituali corporei poco narrabili. I tre sono fermi in mezzo alla strada, il silenzio è rotto solo dal ronzio dei mosconi, quando compare un gruppo di ragazzini indigeni. L'incontro con l'altro è raccontato con sapienza da Daniel Krupa, che ci mostra una diffidenza iniziale, la soggezione che Fanta prova nei loro confronti e che tenta di arginare con il regalo di un intero pacchetto di sigarette, ricambiato con il dono di un machete per uccidere i serpenti (perché i ragazzini prendono molto sul serio la paura di Fanta). Alla fine i tre amici faranno ritorno senza aver fatto la spesa, unico motivo per cui erano usciti di casa. Tenteranno di svoltarla con la preparazione di un "misterioso stufato" a base di funghetti allucinogeni, che darà vita ad una surreale spedizione in paese, che comprenderà l'imbucarsi ad una festa della scuola, far ubriacare gli alunni e provocare atti di vandalismo estremo. Per finire in bellezza, i nostri eroi si perderanno nella selva:
"[Fanta] non capisce da dove spunti tutta quella vegetazione. Non aveva nemmeno idea che una scuola potesse - da un punto di vista sanitario - essere circondata da rampicanti, felci silvestri, alberi abbattuti, liane... rettili velenosi. Davanti a quel panorama, Fanta avrebbe preferito tornare al caos della scuola, dove almeno c'erano luci, cemento, mattonelle, gente. Urbanizzazione!"
Il mattino successivo porta con sé dei postumi epici, e l'inselvatichimento è ormai quasi completo, il contagio è avvenuto: l'infezione al dito di Fanta progredisce rapidamente, il disagio si è totalmente impossessato di lui, nausea e sudori freddi lo pervadono. Seco sostiene di aver visto delle ombre strane, Polonio si innervosisce e tratta male l'amico: tutti sono già stufi della situazione che si è creata. Seco deciderà di andarsene, e i due sopravvissuti si consoleranno con una cena da fame cosmica con tanto di conversazione sbronza e triviale sul prossimo viaggio che faranno, e per concludere in bellezza una visita al "Macondo", locale di accompagnatrici dove adescheranno una ragazza (non se ne possono permettere una a testa), con la quale sperimenteranno il loro primo rapporto a tre, ed il loro deterioramento sarà così completo.

Quando si supera una zona di confine, in questo caso il confine tra adolescenza ed età adulta e tra città e campagna, si innescano una serie di meccanismi di degrado: ci si ammala, si tradisce, si degrada e si impazzisce. I protagonisti di Serpenti sperimentano ciascuna di queste varianti del tema del gone native, caro alle storie di avventura che si contrappongo alla domestic novel. L'esotismo è rappresentato sia dalla sessualità (l'incontro con la prostituta, il topos dell'indigena tentatrice che però viene rovesciato - la descrizione dell'adescamento e del rapporto sessuale è davvero una chicca della narrativa grottesca) che dal soprannaturale, che appare nel romanzo come ombre misteriose e specchi che si rompono (oppure no?). Questa è la rappresentazione di un certo tipo di credenze che si pensavano superate nella metropoli, e che si possono affrontare solo nella periferia
Fanta, Seco e Polonio decidono di superare la linea, perdendo la loro identità. Diventano un po' come i ragazzini di Misiones, lasciano cadere qualsiasi barriera morale che li tratteneva in città, in un misto di rituali di iniziazione per entrare nell'età adulta ed allentamento dei freni inibitori, in una destabilizzazione positiva e negativa allo stesso tempo. L'incontro con l'altro corrisponde proprio alla scoperta del caos morale che si apre dentro al soggetto: un'identità fondata su valori che ora entrano in contraddizione. Ed il deterioramento si manifesta anche dal punto di vista fisico, ed ecco l'alluce infetto e pieno di pus di Fanta, manifestazione di un abbrutimento morale che lo costringe ad un'innaturale selvatichezza. La disperazione poi avrà la meglio, i tre amici si troveranno da soli a fare i conti con la foresta, allucinati e smarriti dopo essersi sentiti rilassati e liberi. Tutto sta nell'ambivalenza che Daniel Krupa è riuscito a creare. Da una parte vorremmo anche noi essere spensierati come i tre ragazzi, dall'altra abbiamo paura di perderci [ovviamente tutte queste cose fighissime non me le sono inventate io, bensì le ho recuperate dagli appunti del corso del primissimo corso di Teoria della Letteratura del professor Brugnolo a cui ho partecipato, nel lontano 2007: mi sembravano quantomai adatte per commentare questo romanzo]. 

Ancora un paio di note su ciò che mi è particolarmente piaciuto: il senso di angoscia provocato dagli inserti scientifici sulle varie specie di serpenti che vivono in quelle zone, disseminati in tutto il romanzo; la scrittura di Daniel Krupa, che utilizza un linguaggio diretto e colloquiale, ma riesce allo stesso tempo a trovare delle immagini molto azzeccate per alimentare il senso di disagio, e notazioni umoristiche davvero spassose ed intelligenti. Talvolta però la sua lingua è particolarmente cruda, e non si perita di narrare scene piuttosto forti, una su tutte la lapidazione di un gatto, che mi ha fatto un po' accapponare la pelle. 

Come al solito l'ho fatta davvero lunghissima. Forse un giorno riuscirò a diventare più sintetica, giuro che mi impegnerò (promesse da marinaio mode: on). Mi sembra chiaro che Serpenti mi sia piaciuto tantissimo, proprio abbestia! E quindi vi invito a leggerlo, perché queste chicche vanno condivise e fomentate! 

B.      

2 commenti:

  1. Complimenti Bea, bellissima analisi, non solo "accademica" ma anche "sentita", intensa e coinvolgente, da far venire voglia di buttarsi subito sul libro. Accidenti se mi hai incuriosita, questo me lo segno proprio ;-)

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    1. Awwwwww che bello Ale! Ne sono proprio tanto, tanto felice :') E ribadisco: lo devi assolutamente leggere!

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