lunedì 12 gennaio 2015

7. Felisberto Hernández, Nessuno accendeva le lampade

Goffredo Fofi, nella sua recensione, invita a leggere la nuova edizione di "un gioiello della letteratura fantastica", che laNuovafrontiera ha meritatamente ripubblicato nel 2012, nella traduzione di Francesca Lazzarato. Io invece ho letto i racconti di Hernández nella ormai introvabile edizione Einaudi del 1974, custodita chissà per quali motivi nella biblioteca dove ho lavorato. Insieme alla raccolta di Nessuno accendeva le lampade, l'edizione Einaudi contiene anche il racconto Le Ortensie e altri scritti, che laNuovafrontiera ha pubblicato in un altro volume uscito nel 2014. Il merito della casa editrice romana è immenso, perché ha riportato in vita una serie di storie strane che si ergono senza dubbio a capolavori della letteratura mondiale


Si tratta di qualcosa di particolarissimo, nella pur riconoscibile impronta sudamericana. Le ambientazioni sono però interne più che esterne, quasi si volesse suggerire un necessario ripiegamento negli angoli meno battuti della nostra coscienza. Il primo racconto, che dà il nome a tutta la raccolta, è esemplare. Siamo in un salotto, durante una non specificata occasione d'incontro tra personaggi diversi tra loro (le padrone di casa, due vedove; la loro robusta nipote e pseudo-intellettuali con i capelli pettinati all'indietro), in cui quello che scopriremo essere il protagonista di tutte le storie legge un racconto ad alta voce. Poi ci si siede su un vecchio sofà, si fa conversazione, che da ordinaria diventa, quasi in maniera impercettibile, straordinaria. I racconti di Hernández, infatti, possono essere classificati all'interno del grande calderone della letteratura fantastica, allo stesso tempo rimangono saldamente ancorati ad una realtà ben definita di un certo periodo storico; anche il protagonista ricorda un classico perdigiorno squattrinato dei primi del Novecento, ma se ne distacca con i suoi strani movimenti interiori ed esteriori. Un flâneur dell'inconscio, che vagherà tra antiche case abbandonate, polverosi teatri (il nostro è infatti un pianista, come d'altronde lo era lo scrittore uruguagio), lampade che emanano flebili luci, ragazze dalla troppa immaginazione, orride carte da parati, uomini meschini, lavori inappaganti, ombre indefinite. 

Ogni storia definisce con pochi tratti un universo a sé stante, e la cosa più incredibile è lo straniamento prodotto da una scrittura asciutta, piana, realistica, e un contenuto surreale, onirico, assurdo, ad ogni modo dannatamente lucido e cinico, niente affatto impaurito dal mostrare gli angoli più bui dell'umana interiorità. Io, nonostante nessuno accendesse le lampade, l'ho trovata una lettura illuminante (se non dico almeno una scemenza non sono felice), e non è difficile capire perché proprio Calvino abbia insistito per farlo pubblicare in Italia, o perché Márquez lo abbia ritenuto fondamentale nella sua formazione letteraria. Ci sono insomma dei capolavori che rimangono inspiegabilmente relegati in angoli oscuri delle librerie, o addirittura, come in questo caso, che restano confinati in biblioteche di provincia in vecchie traduzioni, ormai datate. E che invece sarebbe diritto di ognuno conoscere, e amare. Da rileggere ancora, e ancora

In sintesi: 

  • Paese: Uruguay.
  • Prima edizione originale: 1950.
  • Data recensione Fofi: 21 febbraio 2012.
  • Pagine: 126.
  • Periodo di lettura: 4-10 gennaio 2014.
  • Consigliato: abbestia.

2 commenti:

  1. Chissà se trovo qualche suo libro in biblioteca, mi hai incuriosita... e poi ho sempre avuto un debole per le genialità incomprese ;-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Fammi sapere se lo trovi cara, lui è proprio da leggere per farsi dei trip allucinanti! W gli scrittori maledetti ;-)

      Elimina

Ti potrebbe anche interessare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...