Coast to Coast 2013 |
Prendete una nuova casa editrice fighissima, aggiungete uno scrittore americano apprezzato abbestia ma sconosciuto in Italia, mescolate con una cittadina immaginaria, la storia di una famiglia, una caldissima estate in mezzo alla sconfinata pianura. Unite una scrittura senza fronzoli e l'incanto di piccole esistenze, e otterrete un romanzo a dir poco meraviglioso.
Si tratta di Benedizione di Kent Haruf [traduzione di Fabio Cremonesi, NN Editore, 2015], volume facente parte della Trilogia della pianura. In realtà Benedizione è l'ultimo libro della trilogia, ma la casa editrice ha voluto pubblicarlo per primo come segno di un inizio romantico della loro avventura. Qui potete trovare tutta la storia, e vi straconsiglio di leggerla :).
Chiaramente la sottoscritta con un libro del genere ci va a nozze. L'avevo adocchiato al Salone del Libro 2015, nel meraviglioso stand NN, purtroppo però in quel periodo non ero esattamente in me, ma ho rimediato a dicembre acquistandolo alla libreria Gogol & Company di Milano (sognavo di andarci da un sacco!), con la benedizione, è proprio il caso di dirlo, del libraio, che mi ha guardata negli occhi dicendomi "Oh. Questo è spettacolare". E io tutta gongolante ho detto siiiiiiiiiiiiii lo so devo leggerlo abbestia!!! ...Ho capito dalla prima pagina che lo avrei amato alla follia. D'altronde è stato uno dei casi editoriali del 2015, e sta continuando ad esserlo, scatenando una vera e propria #harufever. Il motivo è semplice: Haruf ti prende alla sprovvista catapultandoti nella cittadina di Holt, nella vita di Dad Lews e della moglie Mary, e ti rapisce fino all'ultima pagina. La trama è arricchita dai vari personaggi che gravitano intorno all'uomo che sta vivendo la sua ultima estate, dai ricordi belli e dai rimpianti per le cose che avrebbero potuto andare diversamente. C'è delicatezza, c'è la luce calda di luglio, ci sono sporadici acquazzoni, strade polverose, la tipica immobilità americana, la città di Denver che se ne sta lontano, un figlio perduto, una bambina ritrovata. A me ha ricordato molto Elizabeth Strout, quella provincia di esistenze minime che riescono però a destabilizzarti e a parlarti direttamente. L'emozione che provo a sfogliare di nuovo le pagine di questo romanzo è tangente, mi soffermo sui nomi e sorrido, mi cullo nella consapevolezza di avere già pronto sul comodino Canto della pianura, il secondo libro della trilogia.
E poi le mie mani si fermano a pagina 178, capitolo 29. Dovrei trascriverlo tutto per farvi capire la rara bellezza che Haruf è riuscito a descrivere in queste pagine. Tre donne e una bambina, il caldo del mezzogiorno, vestiti leggeri, un pranzo in cortile, chiacchiere felici, il torpore pomeridiano, una nuotata nell'abbeveratoio delle mucche. La perfezione. Con lo sguardo sognante, il consiglio che posso darvi è molto molto semplice: leggete Haruf abbestia!
B.
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