Domenica scorsa sono stata, con quella meraviglia di mia sorella, al Teatro Manzoni di Pistoia, mia città natale e mia neo-città attuale, a vedere Casa di Bambola di Ibsen.
Il buon vecchio Ibsen |
Ho conosciuto Ibsen a diciannove anni, durante il corso di Letterature Nordiche tenuto dal professor Clausen, durante il primo anno di Università pisana. E chiaramente mi sono innamorata. Ma abbestia proprio. A quell'omone barbuto che ha rivoluzionato la drammaturgia ottocentesca ho voluto un gran bene sin da subito, così come al suo massimo studioso italiano, il professor Franco Perrelli, che ho avuto il privilegio di ascoltare al Convegno di Studi Scandinavi nel lontano 2009. Lacrimuccia e andiamo avanti.
Così, in questo dì di festa dedicato alle mulieres, ho pensato bene di tirarvi un pippone allucinante proprio sulla lungimiranza, l'immensità e la profondità di Henrik Ibsen, e sulla figura di Nora, protagonista di Casa di Bambola, datato, notate bene, 1879.
DOLL'S HOUSE FOR DUMMIES
ATTO PRIMO
Nora è una donna norvegese che vive in una casa con arredamenti tipicamente scandinavi e quindi bellissimi. Ha fatto tre figlioli con Torvald Helmer, un avvocato che lavora in banca e che ha avuto una promozione: diventerà infatti direttore. Borghesia, elevazione sociale, solidi principi. Siamo alla vigilia di Natale, Nora rientra da un giro di shopping dell'ultimo minuto, e la vediamo deliziarsi con dei cioccolatini comprati di sgamo da Torvald. Il buon marito arriva in salotto, si fanno un po' di moine, Nora cerca di sganciarli un po' di pecunia, chiedendola anche come dono natalizio, e poi rimane di nuovo da sola. Sennonché suona il campanello: è, carramba che sorpresa, la signora Kristine Linde, vecchia amica di Nora, che è tornata in città, dopo una vita di sacrifici, per cercare lavoro. Parla che ti parla, Linde chiede a Nora di intercedere per lei con Torvald affinché le trovi un posto in banca; e nel mentre però Kristine la fa anche sentire un po' una merda perché ha tutto ciò che vuole, così Nora le confida di essersi procurata personalmente il denaro necessario per portare Torvald in Italia, quando era gravemente ammalato. L'amica si scandalizza pure, perché Nora ha tenuto tutto nascosto a Torvald: gli aveva detto che il denaro lo aveva ottenuto dal padre. Insomma Kristine non si fa vedere per dieci anni e arriva a rompere le palle abbestia, ma questi sono dettagli. Suona di nuovo il campanello, e disagio totale, è l'avvocato Krogstad, che va subito nello studio di Torvald. Krogstad, lo si può capire già dal nome, è il cattivo di tutta la vicenda: è proprio lo strozzino che ha prestato il denaro a Nora! Dallo studio esce il dottor Rank, l'amicone di famiglia pericolosamente ammalato e segretamente innamorato di Nora. Molto bene. Torna poi in salotto Torvald, che si è liberato del malvagio Krogstad. A quel punto la nostra Nora chiede a Torvald di assumere la signora Linde, e lui le dice bada Nora, mi casca a fagiolo, perché ho proprio intenzione di licenziare Krogstad, che onestamente mi è sempre andato un po' di traverso. Perfetto, dunque! Escono tutti di scena, e Nora accoglie i pargoli che erano fuori con la bambinaia. Ma, dannazione, ecco che riappare Krogstad, affacciato alla porta di casa. Spaventata, Nora gli fa notare che non è ancora la data del saldo della rata del debito, ma lui no, vuole chiederle di esercitare la sua influenza su Torvald affinché lui possa conservare il suo posto in banca: se non lo farà, andrà a dirgli del debito. Disagio a fiumi. Anche perché il perfido Krogstad tira fuori la storia dell'obbligazione firmata dal padre di Nora per ottenere il prestito: ebbene, Nora aveva falsificato la firma del suo povero babbo! E quindi non solo spiffererà tutto a Torvald, ma la porterà anche in tribunale, il maledetto. Nora si difende dicendo che in fondo lei era nel giusto, avendo soltanto voluto preservare padre e marito da inutili pene, agendo insomma per amore. A Krogstad ovviamente importa una sega dell'amore, ripete la sua minaccia e se ne va. Dopo un pochino rincasa Torvald, chiede se ci fosse stato qualcuno in casa, Nora mente ma lui la sgama subito (chiaro). Ha capito benissimo che Krogstad era passato per chiedere a Nora di intercedere per lui, lui, indegno di ogni cosa perché aveva falsificato la firma in certi documenti. Chiaramente a Nora piglia malissimo, e per spezzare un po' la tensione chiede al marito di pensare a un costume per lei, per il ballo in maschera che si terrà dai loro vicini.
ATTO SECONDO
Siamo sempre nel salotto ante-Ikea, l'albero di Natale però è distrutto, e Nora è in preda all'ansia. La bambinaia le porta la scatole con il costume per il ballo, ma lei niente, non ce la può fare da tanto è agitata dal pensiero che Krogstad possa arrivare. Invece arriva Kristine, che aiuta la povera Nora a sistemare il vestito da pescatrice napoletana (boia al prossimo Carnevale mi voglio vestire così!). Cuci che ti cuci, Kristine insiste con domande insidiose sul segreto di Nora, ma viene interrotta dall'arrivo di Torvald. La caparbia Nora prova così a convincere il marito a non cacciare Krogstad, ma picche, Torvald non ne vuole proprio sapere, e affida alla cameriera la lettera di licenziamento da spedire all'avvocato. Poi se ne va a lavorare nel suo studio, lasciando Nora nella più profonda disperazione. Ecco che però arriva il dottor Rank, che per portare ulteriore allegria confida a Nora che ne avrà per ancora un mese e poi sarà bello e sepolto. Alè! Ma deve aver funzionato, perché i due bisbocciano un pochino, tanto che Nora sta quasi per chiedergli i soldi per saldare il debito... ma taaaaaac, il dottore le confida l'amore che prova che nei suoi confronti! Oioi oimmena signoramia. Nora chiaramente si sfava abbestia e si guarda bene dal fare la sua confessione. Non fa in tempo a ripigliarsi che la cameriera le comunica che c'è il malefico Krogstad ad aspettarla... così spedisce il dottore dal marito e si prepara ad affrontare il bruto. Che, in pratica, vorrebbe confessare tutto a Torvald per tirarsi fuori dall'onta del suo passato, e farsi assumere in banca con la fedina pulita. Nora ne sta uscendo pazza, Krogstad se ne va e imbuca una lettera nella cassetta della posta. In quel momento torna in scenda Kristine con il vestito pronto, si accorge che Nora è leggermente sconvolta, e finalmente capisce che è stato proprio l'avvocato a prestare il denaro all'amica. Nora, disperata ma lucidissima, cerca di farsi promettere da Kristine che qualsiasi cosa succeda, testimonierà che è stata tutta una sua idea. La signora Linde però non capisce, Nora ripete che sta per succedere il meraviglioso ma che non deve succedere, Kristine vuole andare a parlare con Krogstad che, attenzione, un tempo avrebbe fatto di tutto per lei, e Torvald e il dottor Rank vorrebbero entrare in salotto ma la porta è chiusa a chiave... disagio bimbi, sempre più disagio! Kristine esce per andare da Krogstad, Torvald pensa di trovare Nora in costume ma invece no, Nora gli chiede di aiutarla a provare la tarantella, ma prima Torvald vuole andare a vedere se c'è posta. Nora allora si lancia in una danza scatenata e vitale (con Rank al piano), un momento selvaggio e per un attimo libero. Poi però la interrompe dicendole che ha dimenticato tutto ciò che le aveva insegnato, Nora non si tiene un cecio in bocca e continua a fare riferimento alla cassetta della posta, così Torvald che non è nato ieri capisce che c'è una lettera di Krogstald. In un modo o nell'altro però il pericolo viene scampato, Torvald e il dottore escono insieme e rientra Kristine, che però non ha trovato l'avvocato, e gli ha lasciato un biglietto. Nora commenta dicendo che in fondo è bello anche attendere il meraviglioso...
ATTO TERZO
Siamo sempre nel salotto degli Helmer, la sera dopo. Nora e Torvald sono al ballo dei vicini, in salotto c'è Kristine che aspetta Krogstad, cui aveva dato proprio lì appuntamento per parlargli. Per farla breve, i due un tempo stavano insieme, ma poi lei aveva lasciato lui per un partito migliore, spinta dal bisogno. Adesso però gli offre un'ancora di salvezza, e gli propone un'unione per risolvere tutto: "due sopra lo stesso rottame stanno meglio che ciascuno da solo sul proprio". E lui le chiede, ma lo sai quello che ho fatto? Ma proprio tutto? Proprio tutto tutto? E lei sì nini, abbozzala! Però aggiunge anche che Torvald quella lettera la deve proprio leggere, per porre fine ai vari sotterfugi e sciagurati misteri che incombono su quella famiglia. Sì, la signora Linde è una maledetta rompicoglioni. Poi caccia Krogstad perché gli Helmer stanno per tornare; arrivano, giustamente Torvald si stupisce a vederla ancora in casa sua a quell'ora (e che diamine), ma lei trova la scusa dell'ammirare Nora col suo vestito. Mentre Torvald si vanta oltremisura della moglie, Kristine sussurra a Nora di aver parlato con Krogstad, che non ha nulla da temere ma deve confessare tutto al marito. Poi finalmente si leva di culo. Torvald è particolarmente sveglio e pimpante, ma Nora non è proprio in vena di dargliela... menomale bussano alla porta (sì, questa casa è un porto di mare), è il dottor Rank, anche lui tutto allegro perché ha ricevuto dalle ultime analisi la sua sentenza di morte certa. Ma sì! Dopo poco si leva di torno anche lui, e Torvald pensa bene di andare a vuotare la cassetta delle lettere. Tantantan! Va a leggere la posta nello studio, Nora rimane sola in scena manifestando pensieri suicidi, ed ecco che Torvald irrompe in salotto chiedendo spiegazioni a gran voce. E si lancia in accuse orribili, aggredisce Nora spuntandogli addosso la sua morale, la sua pochezza, la sua legge. Nora si addossa tutta la colpa, ma piano piano capisce che quel meraviglioso che sta da lungo aspettando non arriverà. Il marito le chiede un matrimonio di facciata, per salvare le rovine. All'improvviso, arriva una lettera per Nora, di cui si impossessa immediatamente Torvald. Si tratta dell'obbligazione con la firma falsa: Krogstad si è pentito, faccenda finita. Sì. Proprio. Torvald cambia improvvisamente tono, dice lodoletta dimentichiamo tutto, oddio come devi esser stata male, e bla bla. A questo giro però basta. Nora ha detto basta. Fa mettere il marito a sedere, perché c'è ancora molto di cui parlare. E qui raggiungiamo l'acme. La resa dei conti. Adesso dovrei solamente copiare tutta la fine del dramma, perché penso che sia una delle narrazioni più potenti di tutta la letteratura mondiale.
C'è un altro compito che prima devo assolvere. Devo cercare di educare me stessa e tu non sei uomo da aiutarmi. Devo farlo da me. Perciò ti abbandono.
Il mio mini-pippone
Allora. Mi sembra abbastanza esplicita la potenza rivoluzionaria di questa pièce teatrale, ma io voglio parlarne ancora un po', perché capito, Ibsen nel 1879 ci aveva provato a risvegliare le coscienze, ma noi no, duri come le pigne verdi. Ma prima un piccolo disclaimer: Henrik Ibsen, come ci ricorda il saggio Perrelli, non era mica un femminista nel senso convenzionale del termine. Egli rimase infatti estraneo a ogni categoria politica, seppur manifestando in più occasioni il suo appoggio alla causa femminile. La sua infatti era più una vicinanza alla causa umana in generale (e non ai casi umani, badate bene!): "non mi è chiaro che cosa sia propriamente, questa causa. Per me s'è posta come una causa dell'umanità [...]. Mio fine è stato la descrizione di esseri umani".
In Casa di bambola il drammaturgo norvegese vuole mettere al centro la questione del perché "una donna non possa essere se stessa nella società attuale". In pratica la dicotomia tra legge (incarnata da Helmer) e natura (incarnata da Nora), portata all'esasperazione nell'illusione nutrita da Nora che si possa ancora verificare quel "meraviglioso" che invece non comparirà mai. Un vero e proprio "dramma della disillusione umana", come scrive Perrelli. E ciò porterà Nora alla scandalosa e imprevedibile decisione di abbandonare la casa, di lasciare il marito e i figli per andare a scoprire se stessa.
Casa nostra non è stata altro che un luogo di giochi. E qui sono stata la tua consorte bambola come a casa ero la figlia bambola di papà. E i bambini sono stati anche loro le mie bambole.
Non più moglie e madre, ma "prima di tutto un essere umano", uscendo finalmente dal sistema culturale solo e soltanto maschile in cui aveva vissuto fino a quel momento. Ed ecco che crolla tutta l'impalcatura borghese, rimane soltanto la persona, e la voce di Nora echeggia nella rappresentazione teatrale rivolta a tutte e a tutti, più universale e attuale che mai. Quanto coraggio che hai avuto, cara Nora, nell'affermare di non essere in grado di crescere i suoi figli, senza prima essere cresciuta a sua volta. Me lo sono letto e riletto, Casa di Bambola, e quando l'altro pomeriggio l'ho visto finalmente in scena i brividi mi hanno percorsa durante tutto il tempo della rappresentazione, complice la bravura e la credibilità degli attori e la meraviglia della scenografia. Bene. Direi che come al solito ho scritto troppo. Quindi rincorrente Casa di bambola e godetene tutti!
Bibliografia
- Henrik Ibsen, Casa di bambola. Traduzione di Ervino Pocar, Mondadori, 2007
- Perrelli, Franco. Introduzione a Ibsen, Editori Laterza, Roma-Bari, 1988
- Henrik Ibsen, in Studi nordici, VII - 2000, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Pisa-Roma, 2001
- Nora, in Lou Andreas-Salomé, Figure di donne, Iperborea, Milano, 1997.
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