Questo 2016 mi sta riservando delle immense gioie letterarie. Avevo adocchiato da tempo questo gioiellino targato 66thand2nd, la casa editrice con il nome più impronunciabile dell'intero panorama editoriale italiano :). Avevo poi letto la recensione di Marina (e di lei ci si può fidare abbestia), e alla mia visita alla libreria Gogol di Milano ho pensato bene che il momento di portarmelo a casa fosse giunto. E il mese scorso l'ho finalmente letto. E leggere questo libro vuol dire veramente farsi un regalo grande. Vuol dire ricavarsi un giaciglio sotto la rigogliosa vegetazione tropicale e dire al mondo voi andate avanti, io poi vi raggiungo. Ah ok magari le coordinate! Sto parlando del libro d'esordio di Miguel Bonnefoy, Il meraviglioso viaggio di Octavio [traduzione di Francesca Bonomi, 66thand2nd, 2015]. Intanto LA COPERTINA. Tutto in maiuscolo, perché se lo merita. Semplicemente perfetta. Preziosa. Che inizi a leggere e sei già contento proprio. E poi beh, se vogliamo scendere nei dettagli da disagio, adoro pure la font che usano, e la carta (Fedrigoni Old Mill), ma insomma andiamo al sodo.
Quello di Octavio è un viaggio davvero - davvero meraviglioso. Fatto di realtà e magia, è una favola senza tempo nel ventre di un Paese, il Venezuela, pieno di contraddizioni, bellezze e povertà, guerra e dolci profumi, fierezza e miseria. La storia di un grande omone incapace di leggere e scrivere, di una bidonville, San Paolo del Limone, nata da una leggenda, di una donna che porta lo stesso nome della terra che l'ha generata, che farà da madre-terra ad Octavio insegnandogli a leggere il mondo.
Quando riuscì a leggere un'intera frase senza tentennare e provò l'emozione travolgente di averla capita, lo invase il desiderio violento di rinominare tutto del mondo, sin dai suoi albori. Provava uno strano legame con una terra nuova, si sentiva unito in una stessa lotta, in una stessa età. La felicità nella sua bocca risuonava come una promessa.
E poi la corruzione, la chiesa del miracolo che si trasforma in magazzino di contrabbandieri, "una distesa di pietre invasa dai rovi". Ladri gentiluomini, delicati, il nostro Octavio coinvolto proprio nel furto della casa della sua amata Venezuela. E allora l'onta, l'esilio, la perdita di tutto e allo stesso tempo l'appropriazione della vita vera attraverso un picaresco viaggio di formazione, che si conclude in un finale di magica riappropriazione della terra e della natura. In sole 100 pagine un romanzo compiuto, poetico, denso. Meraviglioso.
Momento SuperQuark (il seguente testo è da leggersi solo dopo aver aperto il link, grazie): "Il Venezuela è un paese di incredibile bellezza naturale e di profondi contrasti: a ovest si ergono i picchi andini ammantati di neve, a sud si estendono le umide giungle amazzoniche, a est si eleva il tavolato della Gran Sabana con i suoi monti dalla forma particolare e infine 3000 chilometri di spiagge bianche orlate di palme occupano la costa caraibica. Qui si trovano anche il lago di Maracaibo [mareforzanovefuggiresìmadovezanzan - scusate non ho resistito], il più grande del Sud America, l'Orinoco, il terzo fiume per lunghezza del continente e la cascata Salto Angel, la cui altezza non ha pari in tutto il mondo. In Venezuela vivono anche centinaia di specie di piante esotiche e di animali tra cui il giaguaro, l'ocelot, il tapiro, l'armadillo, il formichiere e l'anaconda, il serpente più lungo del mondo" [dal sito della Lonely Planet]. E la sua storia, chiaramente, è molto simile a quella del resto dell'America Latina. Arriva Colombo, dice oioi bada te dove son finito, poi arrivano gli spagnoli, sterminano quasi totalmente le popolazioni indigene e sfruttano ogni risorsa possibile e immaginabile, poi grande disagio a livello di spartizione dei territori, arriva finalmente Simón Bolívar e indipendenza sia, poi però scoprono che hanno il petrolio e bada casa arrivano gli Stati Uniti a fare gli sboroni, e allora golpe militari come se non ci fosse un domani, ma davvero proprio, fino a quando negli anni Novanta arriva Hugo Chávez a ridare un po' di speranza al Paese e al mondo intero, pace all'anima sua. E niente.
Tutto questo per dire che il figliolo di una venezuelana e di un cileno nato a Parigi nel 1986, che altri non è che l'autore del romanzo, ha evidentemente sentito la necessità di scavare nella tradizione mitica e ancestrale del suo continente d'origine, mostrandone la doppia faccia delle bidonville e della foresta tropicale degli indios, attingendo in maniera perfetta al realismo magico dei suoi nonni letterari, costruendo e la storia di un uomo, e quella di un Paese, e quella della scoperta dell'amore e della letteratura. Cioè capito, questo qui (che è anche parecchio belloccio e mi ricorda il figliolo del mio dentista, ma questo non c'entra molto), a nemmeno trent'anni, ha esordito con un libro poetico e profumato di mango, cercando di dare voce alle vene aperte dell'America Latina, inventando un personaggio che ha già preso un posto speciale in quelli memorabili della letteratura.
La letteratura doveva tenere la penna come si tiene una spada, mescolarsi all'immensa e tumultuosa comunità degli uomini, in una lotta ostinata in difesa del diritto di nominare, impastata nella stessa creta, nello stesso fango, nella stessa assurdità di coloro che la servivano. Doveva essere eroica e piena di ferite, avere i capelli sciolti, un machete alla cintura o uno schioppetto in spalla. La letteratura doveva rappresentare anche chi non la leggeva, per esistere come l'acqua e come l'aria, sempre in modo diverso.
Come si può commentare se non con cuori cuori e cuori??? Quindi ecco, io correrei a comprarmelo e a dire al mondo ok, andate avanti, io arrivo fra un po'.
B.
Grazie per la menzione e per la fiducia.
RispondiEliminaQuesto libro è stato il mio preferito dello scorso anno. La copertina fa già il suo lavoro, la storia è meravigliosa, naturalmente declinata alla magia.
Se non riponessi fiducia in te non saprei proprio in chi riporla cara Marina!!! Un libro da tenere sempre accanto, quando si ha voglia di pensare e sognare. Un bacino!
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